11 marzo 2007

Imprescj informatics pe Marilenghe

Continuant su la cuestion de marilenghe e de inovazion us segnali un pâr di robutis che o podês cjatâ sul sît dal Consorzi Friûl Lenghe 2000.
A son i plug-in dal Grant Dizionari Bilengâl Talian Furlan e dal Dizionari Ortografic Furlan di istalâ sul vuestri browser, in maniere di vê simpri a puartade di man l'imprest pe traduzion dal talian al furlan e dal furlan al talian.
Chescj modui a permetin di doprâ cun plui facilitât il Dizionari ortografic e il GDB TF tes versions o­n-line.
Cun di plui e je ancje la pussibilitât di discjamâ il driver de tastiere furlane par chei che a doprin il sisteme Windows in maniere di no lambicâsi par scrivi la cidilie e i acents juscj.
Un grazie di cûr al CFL2000.
Cui visial Beppe Grillo?

6 commenti:

thermonuke ha detto...

Tant par continua culis provocazions, cui le a scrite e ce pensaiso?
La prima riflessione nasce da una netta presa di distanza dalla mai abbastanza deprecata ideologia [nazionalistica], secondo cui la lingua è il fondamento dell'identità collettiva, e ogni comunità linguistica ha il diritto-dovere di costituirsi in comunità politica indipendente. Anche in Friuli, in questi ultimi decenni, vi sono stati esponenti di questa teoria, e (decenni prima che sorgesse la Lega Lombarda di Bossi) si è rivendicato ai friulani lo status di nazione. Senza volermi addentrare nella selva definitoria, concettuale ed ideologica che caratterizza queste problematiche, vorrei solo affermare che, a mio avviso, se è vero che la lingua friulana ha circa mille anni (o milleseicento, se la si vuol riconosce già nel "sermo rusticus" in cui scriveva prediche Cromazio di Aquileia), mancano ai friulani altri elementi classicamente considerati costitutivi del concetto di nazione. In particolare mancano un epos (glorie militari) e un'esperienza significativa di autogoverno; perché tali non possono essere considerate quelle del Patriarcato di Aquileia, né del Parlamento della Patria del Friuli. Al di là di pur comprensibili e forse anche moralmente legittime mitizzazioni, bisogna ammettere che il primo era inserito in un sistema feudale cui è del tutto improprio applicare le categorie dello stato-nazione moderno, e ancor meno quelle del nazionalismo linguistico; il secondo è stato un'esperienza significativa per molti aspetti, ma il suo contenuto di autonomia rispetto alla Dominante era certamente molto modesto. Per trovare qualche momento di maggior autonomia del Friuli dovremmo forse risalire all'epoca longobarda (Berengario, Marchese del Friuli e poi contestatissimo e precario Re d'Italia e addirittura Imperatore del Sacro Romano Impero); ma erano tempi assai oscuri, anche per quanto riguarda le nostre conoscenze, ed è assai arduo attribuire significati sostanziali alle scarne informazioni che ne sono rimaste. E francamente appare assai poco presentabile un "mito di fondazione" della nazione friulana che si radichi solo nella breve, lontanissima e assai poco nota esperienza longobarda. Ciò non significa che non si possa invece parlare di identità friulana. Anche se non l'unica, la lingua è certamente una costituente importante dell'identità. prescindendo dalla "questione ladina", e dall'eventuale continuità e contiguità di rapporti nell'area alpina, dal San Gottardo al Monte Nevoso, con relativa "identità ladina" O "reto-romanza , è chiaro che se una collettività, insediata in un certo territorio, per mille anni parla una propria lingua (o una famiglia di parlate mutuamente comprensibili), deve per forza possedere anche una qualche forma e livello di integrazione (o "inclusione", come è di moda dire adesso) e identità. Si può discutere se sia il possesso di una lingua comune a promuovere i rapporti socio-culturali, o se sia invece la presenza di tali rapporti a promuovere la formazione, persistenza e sviluppo di una lingua comune; o se, come appare più probabile, i due processi si rafforzino a vicenda. Credo vi siano sufficienti prove che da molti secoli i Friulani si considerano diversi, in qualche misura, dai popoli confinanti, e da essi vengono sentiti come diversi. Il problema riguarda, ovviamente, soprattutto le diversità rispetto ai veneti; e credo si possano mostrare numerose prove della diffusione della coscienza di identità/distinzione tra queste due collettività. Che la Serenissima abbia ritenuto opportuno mantenere in vita per quasi quattro secoli un organismo come il Parlamento della Patria del Friuli, organo rappresentativo delle autonomie feudali, ecclesiastiche ed urbane del Friuli, vorrà pur dire qualcosa. Evidentemente doveva esistere qualcosa che collegava tra loro queste famiglie e comunità e le distingueva dalle altre. Quali fossero precisamente i caratteri e la forza dell'identità friulana nei secoli è difficile dire; purtroppo, a quei tempi non esistevano sociologi e sondaggi d'opinione. Ma avanzerei l'ipotesi che accanto alla tradizione storica-politica (la comune appartenenza al Patriarcato) giocasse un ruolo importante anche la percezione geografica. Le caratteristiche geomorfologiche del Friuli, con le sue piccole dimensioni (il "piccolo compendio dell'universo" di Ippolito Nievo), la chiara corona di monti che chiude una pianura ben caratterizzata, sembrano tali da facilitarne la "Überschaubarkeit", l"'apprensione con uno sguardo", e quindi l'identificazione con il suo territorio:

Siede la patria mia tra 'l monte e 'l mare;
quasi teatro ch'abbia fatto l'arte
non la natura ai riguardanti appare,
e 'l Tagliamento l'interseca e parte;
s'apre il bel piano, ove si possa entrare,
tra il meriggio e l'occaso, e in questa parte
quanto aperto ne lassa e 'l mare e 'l monte
chiude Liquenza con perpetuo fonte

cantava Erasmo di Valvason alla fine del '500, riecheggiando l'anche più fulminante descrizione del Friuli stilata dal Boccaccio nell'incipit della novella V, giornata X:
"Frioli, terra, quantunque fredda, ricca di belle montagne, più fiumi e chiare fontane...".
Questa possibilità di abbracciare l'intera regione con uno sguardo ha senza dubbio contribuito alla formazione di un "senso di appartenenza territoriale", un'identificazione con la "piccola patria" in quanto casa, Heimat (il discorso si complica per la parte montana della regione; non a caso la Carnia ha sempre avuto qualche difficoltà a definire i suoi rapporti con il resto del Friuli).
Quale fosse esattamente il ruolo della comunanza linguistica, in questo senso di identità friulana, è difficile dire. Sappiamo che nei primi secoli di questo millennio alla corte patriarcale e in molte delle principali famiglie si parlava il tedesco, e che proprio questo, secondo la nota tesi di Francescato-Salimbeni, avrebbe separato l'evoluzione linguistica in Friuli da quella della altre regioni nord-italiane, imprimendo al friulano le sue peculiarità distintive, sostanzialmente "conservatrici" rispetto alla base latina. Sappiamo che a partire dal XIV secolo, le comunicazioni scritte si sono convertite prevalentemente al volgare tosco-veneto. Sappiamo anche che un certo numero di letterati, da quel secolo in poi, si sono divertiti a scrivere poesie (assai meno prose) in lingua friulana. Possiamo anche supporre che pure le élites conoscessero e parlassero il friulano con i loro sottoposti; ma in realtà non sappiamo quale fosse la lingua d'uso quotidiano all'interno delle classi superiori; probabilmente, a giudicare dagli scritti informali privati, una pittoresca mistura di toscano, veneto e friulano. Ma non mi sembra sussistano "evidenze" scientifiche che il senso di identità friulana fosse radicato primariamente nella comunanza di lingua. Personalmente credo che prevalessero le motivazioni legate alle comuni istituzioni politico-amministrative, e alla densità delle interazioni comunitarie e sociali, sia a livello popolare che nobiliare (è da notare che, in questo tessuto d'interazioni, il confine politico tra Friuli Veneto e Friuli Imperiale non poneva alcun ostacolo).
In sostanza credo che l'identità friulana si sia mantenuta in questi mille anni più grazie a fattori geografici e politico-amministrativi che linguistico-culturali.

Christian Romanini ha detto...

Le à scrite Raimondo Strassoldo

Christian Romanini ha detto...

Thermo, tu podevis metile dute: no si dan informazions parziâls...

Renzo Tondo ha detto...

il blog di Christian presint tai 5 continenz...... peeerò!
guai se tu scrives in inglees....

Christian Romanini ha detto...

Renzo, cheste e je la conferme che la lenghe furlane no je un limit.
O soi cussient che par comunicâ cun dut il mont e convente ANCJE une lenghe "francje", che e podarès jessi l'inglês. Ma a chei che a disin "Al posto del friulano, si deve insegnare l'inglese" jo o rispuint "Viodìn di sfrutâ dutis lis oportunitâts, soredut chês che o vin za in maniere naturâl: imparìn prime il furlan, il talian che dopo nus ven miôr imparâ ancje l'inglês, il todesc, il sloven, il francês, il spagnûl e vie indevant". O varès voie che ancje cualchi nestri amì di partît al rivàs a capî che il furlan nol gjave puest a chês altris materiis dentri dal nestri çurviel, anzit lis jude!

Luca Peresson ha detto...

Thermo, la tua pervicacia nell'inserire riflessioni che non hanno attinenza con il post mi inquieta. Penso dovresti chiedere a Christian l'abilitazione a inserire post, almeno non ci troviamo a parlare di zen su un post che parla di curubulis. In questo campo ti regge botto solo l'onorevole che parla di geografia in un post che tratta di strumenti informatici sul quale tu hai inserito una riflessione sulla storia friulana.
Vorrei solo sottolineare che questi strumenti informatici a favore della lingua friulana sono costati ore di lavoro a ottimi programmatori che oltre a mettere in campo la propria bravura mettono in gioco un certo amore per la propria lingua. Fosse mai che trovaste un momento per pensarci.
Sulla tua citazione, Thrmo, credo ci siano poche tue riflession che mi interessino di meno. Forse inserita nel contesto e in versione integrale il mio giudizio cambierebbe radicalmente. Forse.