22 agosto 2007

Maran

Ma se a drete o ai za dit cui che no mi plâs cuant che al fevele di minorancis (Menia, Asquini, Ciani), ancje a çampe a son biei personaçs che a mertaressin un bon ripàs des normis dal stât talian: dopo vê fevelât di Malattia (nomen omen?) e i siei, ve ca il bon Alessandro Maran dal Ulivo. Tal prin coment, us met un so deliri publicât sul Piccolo.

6 commenti:

Christian Romanini ha detto...

FRIULANO, CECOTTI SBAGLIA (il piccolo, in prime pagjine e al continue a pagjine 7, Lunis ai 20 di Avost)

di Alessandro Maran

Leggendo la risposta di Sergio Cecotti al mio intervento sull'insegnamento del friulano a scuola, mi sono cascate le braccia. Dunque era vero. Anche per Cecotti (come per Strassoldo) si tratta di creare una "identità nazionale" artificiale che si fonda sulla diversità linguistica. Si tratta cioè, come egli ha sostenuto nel dibattito in seno alla Convenzione per la stesura del nuovo statuto di autonomia della Regione, di riconoscere un "piccolo Stato" nel quale "una comunità compatta parla una lingua localmente maggioritaria".
questo non doveva essere detto; e se qualcuno lo avesse detto, non avrebbe dovuto venire in nessun modo ascoltato. Ecco spiegata l'incredibile incapacità di Sergio Cecotti a capire i miei argomenti; incapacità non dunque dovuta a rozzezza, disinformazione e ristrettezza d'idee, tutte ragioni a cui sarebbe spinto a pensare subito un lettore esasperato. Lasciamo stare l'accostamento alle tesi del generalissimo Franco. È una di quelle accuse puramente nominalistiche che possono essere ritorte senza fine: basterebbe ricordare che le origini dei discorsi dei nazionalisti friulani sono radicate in una certa politica messa in atto tra il 1943-1945 dai nazisti che avevano distinto friulani da italiani, assimilando i primi agli sloveni quanto a costumi, e tutto per dimostrare che l'italianità del confine orientale è artificiale o importata. Valga il fatto che in questi sessant' anni i friulani non sono stati perseguitati dai fascisti ma, al pari di tutti i cittadini italiani, sono stati tutelati dalla Costituzione e dalle leggi della Repubblica. Il punto è che Sergio Ceccotti (che iscrive erroneamente nei diritti naturali il diritto alla tutela della minoranza) prende in considerazione solo i diritti collettivi, vale a dire quelli del proprio "popolo", della propria "nazione", a scapito di quelli individuali. C'è, ovviamente, un problema reale: la tutela di individui che sentono di essere in minoranza quanto alla lingua che parlano e che hanno bisogno di uno spazio collettivo per poter parlare quella lingua. Ma come si fa a non vedere che il problema si può prestare a soluzioni illiberali? Chi definisce e come vengono costruiti i confini che separano la minoranza dalla maggioranza? E come si determina chi assicura l'accesso ai diritti che vengono garantiti alla minoranza? Ceccotti a questi due problemi da la soluzione tipica dei "costruttori di nazione": sono loro (i nazionalisti friulani) a definire i confini del gruppo da tutelare utilizzando le istituzioni politiche per realizzarli. Qui il mio dissenso sul modo di intendere le istituzioni politiche è radicale. Per Ceccotti le istituzioni politiche sono strumenti per dare identità e vita a un gruppo inteso come qualcosa che viene prima degli individui
e prima delle loro effettive preferenze e identità. Egli, insom-ma, ritiene che le istituzioni devono tutelare i diritti oggettivi degli individui, oggettivi perché tali a lui risultano. Sbaglierò, ma io intendo le istituzioni come strumenti per aumentare le libertà di scelta degli individui e delle loro preferenze per come sono da loro percepite. Anche per questo egli è terrorizzato dalla prospettiva del referendum. Perché ha paura che le donne e gli uomini in carne ed ossa, che vivono e lavorano in questa Regione, possano non aderire alla sua utopia comunitaria, che la scelta di parlare in friulano o meno sia percepita come una scelta individuale e sia rifiutata quando viene imposta come uno strumento per costruire una "nazione".
E forse il caso di sottolineare che le identità sono in larga misura plurali e che l'importanza di una identità non deve necessariamente cancellare l'importanza delle altre. Ceccotti ritiene che l'identità di un individuo con la propria comunità debba essere l'unica importante. In realtà, esiste una grande quantità di categorie diverse a cui apparteniamo simultaneamente. La cittadinanza, la residenza, l'origine geografica, il genere, la classe, la politica, la professione, l'impiego, le abitudini alimentari, i gusti musicali, gli interessi sportivi e gli impegni sociali ci rendono membri di una serie di gruppi. Ognuna di queste collettività ci conferisce un'identità specifica, ma nessuna di esse può essere considerata la nostra unica identità. Non si è friulani in maniera esclusiva e non si è friulani allo stesso modo. Nella nostra Regione siamo tutti un a po' meticci e "vivere al plurale" è una condizione ineliminabile. Inoltre, è la persona che deve fare delle scelte sul peso relativo da attribuire alle rispete tive identità. Il punto in questione è proprio questo: abbiamo la possibilità di decidere riguardo all'importanza da assegnare a quella particolare identità rispetto alle altre che possiamo avere? La vita, come ha osservato Amartya Sen, non è semplicemente destino. C'è spazio per la scelta; e quel che più conta è proprio la possibilità di non adeguarsi, di rifiutare le determinazioni: da questo nasce la diversità. La stessa coscienza dell'essere friulani e il valore simbolico acquistato nell'ultimo periodo dalla lingua friulana, sono maturati proprio in riferimento al fatto che, come ha osservato il prof. Gian Paolo Gri, anche il parlar friulano "ha abbandonato lo stato di costume passivo per divenire oggetto di scelta". Quanto allo sloveno, rimando alla distinzione tra appartenenza nazionale e identità culturale e al conflitto lungo un secolo che, lungo il confine orientale, ha opposto italiani a sloveni e croati: dovrebbero bastare. A dire la verità, capisco Sergio Ceccotti: l'etnicità è da sempre uno strumento potente nella competizione per il possesso e per il controllo delle risorse (dal controllo delle risorse finanziarie dello Stato al controllo degli affari illeciti) e da sempre la solidarietà etnica esige ortodossia e non tollera miscredenti. In altre parole, se non ci stai sei "contro" il Friuli. Ma, mi chiedo, il centrosinistra può accettare, interiorizzare e divulgare progetti e propositi che esigono l'adeguamento dei valori e dei comportamenti? È indubbio che un senso di appartenenza a una comunità sia una risorsa, ma la sinistra democratica, si batte anche in Friuli per la difesa e l'ulteriore sviluppo della società aperta e dello stato di diritto, sì o no? E questo significa garantire ad ogni cittadino tutto un ventaglio di possibilità, sì o no? Aggiungo che la mia è l'opinione (personale, come pretendono di essere tutte le opinioni) di un friulano. Beninteso, se Gorizia e la sua provincia, con le sue "diverse diversità", fanno parte del Friuli. O invece Sergio Ceccotti ritiene che l'Isontino non sia per davvero Friuli, non lo sia del tutto e non lo sia abbastanza? Se così fosse sarebbe la riprova che i nazionalisti -grandi e piccoli - non amano il fatto che la loro "comunità immaginata" includa gente che non parla come loro, non pensa come loro; perché non amano la loro terra nella sua complessità e varietà.

Alessandro Maran
deputato dell'Ulivo

Christian Romanini ha detto...

1) Chel chi al vuadagne minim 15.000 euros al mês che, leint chest articul, al è probabil che al reivestissi in buine part in sostancis psicotropis. Al jere miôr e plui dignitôs par lui lâ a ristielā la splaze di Grau.
2) Liberalissim, ma al puar Cecot i scrīf :"E questo non doveva essere detto; e se qualcuno lo avesse detto, non avrebbe dovuto venire in nessun modo ascoltato". Si sa i liberâi a àn di difindi la libertât, fint al pont di abolîle se al covente.
3)Al conte dome l'individui. Probabil che cuant che al jere piçul al disès: "e conte dome la classe". Pipinot prime e cumò.
4)Riferiments storics e categoriis a son chei rigjavâts de leture de Gazzetta dello Sport, Focus, Spadaro e de vision continuade de "Il cuore nel pozzo".
5)Cundut che chest fenomen al fasedi ridi, chest pantan si nudrìs di elements ideologjics diferents che a àn sucès e che a riscjin di confluî tun progjet unic.(Insegnâ a fevelâ gaelic o furlan al è jessi torturadôrs , svintulâ il tricolôr al è progressîf; ribelâsi al è jessi imorâi; acetâ lis jerarchiis al è naturâl).

Buon Partito Democratico a tutti.

thermonuke ha detto...

Di fat, cetrs rivocs furlonazionalisç ormai si viodin e e an sorpassat le dimension cultural o le tutele dal idiome.

No puedin continua a platasi daur di un abecedari in furlan chej che volaressin tira une rie. E le assemblee des provincies di Stras-soldo e jere une des tantis dimostrazions.

Christian Romanini ha detto...

Sul Piccolo

IL DIBATTITO FRIULANO, NON È UNO SPRECO

di Igor Kocìjancic

Devo ammettere che non avrei mai potuto prevedere tanta veemenza e tanta propensione al contrasto del disegno di legge regionale denominato "Norme per la tutela, valorizzazione e promozione della lingua friulana".
Mi sarei aspettato una presa di posizione fortemente contraria da parte di alcuni settori di Alleanza nazionale, mentre sono costretto a scoprire, non senza stupore, che il friulano sembra essere una vera e propria spina nel fianco di quello che potrei definire un rilevante pezzo del gruppo dirigente locale e regionale del Partito democratico e di quella cerchia di intellettuali o comunque personalità erudite di rilievo che a quella opzione politica fanno e sono di chiaro riferimento.
Davvero non mi sarei aspettato, da parte di Alessandro Maran, evocazioni apocalittiche di imminenti scenari di balcanizzazione del tessuto regionale e di legge - cavallo di troia finalizzata alla creazione artificiale di una nazione friulana. Così come non avrei voluto rileggere richiami di "buon senso" all'eccessivo dispendio di risorse a carico dell'intera comunità regionale, né di precipitare nuovamente nello stucchevole dibattito sul fatto se al friulano possa essere attribuita piena dignità di lingua.
Ritengo che chi, ilio tempore, si era espresso a favore e continua a ritenere anche oggi un buon testo la legge 482/99 (Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche), non possa ora prendere le distanze dai provvedimenti previsti nella bozza regionale, che si prefiggono l'ambizione di attuare almeno quanto previsto all'art. 2 della legge 482/99, la quale, richiamandosi espressamente all'art. 6 della Costituzione, prevede - testuale che "...la Repubblica tutela la lingua e la cultura delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il francoprovenzale, il friulano, il ladino, l'occitano e il sardo." E già operata una distinzione tra lingue minoritarie riferite a comunità espressioni di minoranze nazionali e lingue (sono sei in tutto, tra cui il friulano) proprie di comunità che non rivendicano a altri status particolari, a parte un adeguato livello di tutela della propria lingua.
Allora si tratta di stabilire cosa sia adeguato. Dal mio parziale osservatorio di cittadino italiano e allo stesso tempo esponente di una minoranza nazionale, quella slovena, posso affermare con certezza che se la tutela della lingua fosse dipesa da criteri di libera scelta e fosse stata relegata alla sfera dei diritti individuali della persona, allora oggi a Trieste Gorizia e nelle Valli del Natisone non esisterebbe alcuna minoranza tutelata e riconosciuta perché lo sloveno sarebbe stato relegato a dialetto o a lingua a uso familiare, ciò che alcuni propongono anche per il friulano. Né credo, per ribattere alle ultime affermazioni di Franco Beici, che aver frequentato, fin dalla scuola materna, strutture scolastiche nelle quali lo sloveno era e continua a essere lingua di insegnamento curriculare questo mi abbia penalizzato in seguito per quanto riguarda la proprietà di linguaggio e di espressione in lingua italiana. Esiste anche un concetto di lingua di ambito o ambiente, che riguarda oggi lo sloveno come il friulano e che per quanto riguarda l'esigibilità vera e reale del diritto al mantenimento e alla tutela di una lingua, non può prescindere da un intervento istituzionale rivolto alla comunità o alla collettività. Per questo vi sono risorse appositamente stanziate dallo Stato, la Regione potrà aggiungerne di ulteriori, ma si tratta comunque di norme attuazione nell'ambito di quanto già previsto dalla nostra Costituzione, da leggi nazionali quadro e di attuazione, da Convenzioni e Direttive assunte dall'Unione europea.
Dove sta il carattere eversivo e potenzialmente pericoloso di questo disegno di legge regionale? Chi rischia di esserne danneggiato o di veder lesi i propri diritti di cittadinanza dall'introduzione di tali norme a livello regionale? Se quanto detto e scritto in questi giorni in ordine a un'asserita prevaricazione nei confronti dei non friulani avesse qualche fondamento, allora dovremmo estendere il criterio del diritto individuale e della libera scelta anche a tutte le singole materie da studiare a scuola, un po' quello che noi europei abbiamo sempre deprecato discutendo dei programmi educativi delle scuole primarie statunitensi, eletti a modelli negativi e inefficaci di formazione proprio riguardo al fatto che una selezione e un orientamento scolastico eccessivi su quanto si ritiene "utile" apprendere a scuola limitano gli orizzonti e depauperano il cosiddetto bagaglio di cultura generale degli alunni e dei studenti. Declinare in pratica il concetto di lingua di ambito significa che chi risiede in un determinato territorio, che ricade nell'ambito di attuazione di quanto previsto (di nuovo!) dalla legge 482/99 può avvalersene di norma. Se non ritiene di farlo lo deve esplicitare. E' scandaloso tutto ciò?
Non sarà a causa delle lezioni di friulano o in friulano, laddove ciò sarà possibile, che i friulani saranno meno europei o "più indietro" rispetto ad altri, né che ciò comporterà uno spreco di risorse per l'intera collettività: si torna a dire senza mezzi termini che saranno penalizzati gli immigrati e gli altri italiani non friulani. Quasi mai si dice e si ricorda che per il friulano, così come per le altre lingue minoritarie, lo Stato stanzia risorse aggiuntive e che anche il friulano può costituire ulteriore occasione non solo di apprendimento, ma anche di lavoro, e non viceversa. Tutto ciò potrebbe e dovrebbe creare motivazioni in positivo, anche nel dibattito, e non il contrario come sta avvenendo. Del resto, in tema di esigibilità di diritti e di tutela e valorizzazione delle diversità - anche in questo settore non esistono vie di mezzo: o si promuovono norme per la loro attuazione e la loro concreta esigibilità agendo fino in fondo gli strumenti di esercizio della democrazia, facendo perno sulle istituzioni preposte a ciò, o si approvano splendide leggi quadro che indicano l'obiettivo sapendo di non poterlo e, soprattutto, volerlo rendere praticabile. Non mi stupirei nemmeno di questo, forte dell'esperienza del mio vissuto di cittadino italiano di lingua slovena.

Igor Kocijancic

presidente gruppo consiliare regionale Prc-Se

thermonuke ha detto...

e jere ancje un altre letare. che di molinaro sui talebans e el to posizion, parce le atu cancelade?

Christian Romanini ha detto...

Parcè che e merte un puestut dut par so cont! ;-)