Nus à cjapâts inmò une volte: il tramai dal Stât talian, come che al diseve pre Toni tal 1978, al à colpît inmò. Di fat un guvier di centriçampe, prin di tirâ l'ultin respîr, come che al ricuarde ancje Sandri sul so blog, al à "pensât ben" di lâ daûr des vôs ultranazionalistichis talianonis (denant di ducj Alleanza Nazionale, Forza Italia, cu la positive ecezion di Massimo Blasoni in consei regjonâl, ma ancje il Ds Alessandro Maran che no mi smaravearès che al fos tra chei che a àn conseât la ministre Lanzillotta), impugnant une concuiste come la gnove leç di tutele de lenghe furlane.
Une leç che tal ultin Istât e je stade une vore diluide rispiet a la propueste iniziâl, però almancul alc si veve puartât a cjase. Magari cussì no, une leç che e puartave la nestre regjon (almancul in part) in linie cu lis diretivis che la Europe e je di agns daûr a sostignî, e je stade impugnade in maniere dal dut ideologjiche e no tecniche come che a àn voie di dâ di intindi la ministre Lanzillotta, il Prodi e ducj i talianons ultranazionaliscj che a esultin par un pas che al riscje di puartânus indaûr. Come che al scrîf ancje il Dree, nus al spieghe William Cisilino che propit su la ultime Patrie (finide adiriture sul Corriere della Sera di vuê) al rispuint a une domande clare come la aghe di un lât di mont.
La robe avilente e je che cuant che al è di pestâ sui furlans no son blancs, ros, neris: a Rome o contìn mancul di nuie e la linie antidemocratiche e vinç in non di un Stât che al à spietât passe 50 agns par aplicâ un principi de sô Costituzion (l'art. 6 al dîs che la Republiche e tutele cun normis di pueste lis minorancis linguistichis storichis; la leç 482/99 e je rivade 51 agns dopo de jentrade in vore de Costituzion che e je dal 1948: e cumò nus volaressin cuasi cuasi gjavâ ancje chê... se al fos par cualchidun...). E invezit che difindi alc che nus difint, cualchidun al fâs fieste: "Parcè che tant (forsit a pensin e ancje lu disin) achì nissun al alce mai la vôs"...
Ve ca il test cu la spiegazion di William Cisilino © La Patrie dal Friûl
I dubis di incostituzionalitât jevâts su dal guvier àno mani?
No. La Regjon e à esercitât cence ecès la sô potestât in cont de scuele in marilenghe: tal plen rispiet dal Titul V de costituzion, dal D.P.R. 223/2002 atuatîf dal Statût (che al fevele proprit di scuele) e ancje de normative statâl.
E, a chest pont, mi pâr just rimarcâ un fat. Cuant che il Comitât di esperts al à butade jù la prime boze de leç – une vore, ma une vore plui avanzade di chê che e je passade – un membri dal Comitât al è svualât jù a Rome, precisamentri li dai Ministeris dai Afârs regjonâi e de Istruzion, par controlâ cui funzionaris romans la gnove normative e evitâ pussibilis cuistions di costituzionalitât. Po ben, fale cualchi piçule robe, i Ministeris a àn passât chel DDL, che, o ripet, al jere cetant plui indevant di cheste leç.
Cumò invezit i stes Ministeris a ‘nd àn gambiât idee: la prove provade che lis riservis a son dome politichis e no juridichis.
Te Gnot Sante
-
*Te Gnot Sante*
*Ti spieti Signôr*
*in cheste Gnot Sante*
*a scoltâ il dolôr*
*su lis stradis maled...
1 giorno fa
22 commenti:
Comitât – Odbor – Komitaat – Comitato 482
c/o “Informazione Friulana” soc. coop.
V. Volturno, 29 33100 Udin
Tel.: 0432 530614 Fax.: 0432 530801 D.p.e.: com482@libero.it
***
Oggetto: impugnazione della legge regionale sul friulano
La decisione del Consiglio dei ministri di impugnare dinanzi alla Corte Costituzionale alcuni articoli della legge sulla lingua friulana (29/2007) approvata lo scorso novembre dal Consiglio regionale del Friuli – Venezia Giulia non ci ha colto di sorpresa. Negli ultimi giorni, infatti, si erano moltiplicate le voci che davano per sicura l’impugnazione della legge. Non per questo l’amarezza è inferiore. Evidentemente l’Italia ha deciso di celebrare così l’anno internazionale delle lingue che, in Europa, coincide anche con l’anno del dialogo interculturale.
La nostra amarezza, tuttavia, è divenuta sconcerto quando abbiamo letto i contenuti dell’impugnativa approvata dal Consiglio dei ministri. Infatti, al contrario di altri, prima di intervenire abbiamo preferito verificare quali erano i punti contestati. Si tratta dell’art. 6, comma 2 (diritto di usare il friulano nei rapporti con la Regione a prescindere dal territorio in cui i suoi uffici sono insediati); dell’art. 8, commi 1 e 3 (l’uso del friulano, oltre che dell’italiano, per gli atti della Regione e degli enti locali indirizzati ai cittadini; e la presenza del friulano nella comunicazione istituzionale e nella pubblicità degli atti di tali enti); dell’art. 9, comma 3 (modalità per garantire la traduzione in italiano a quanti non comprendono il friulano); dell’art. 11, comma 5 (la possibilità di uso di toponimi bilingui o anche solo in friulano); dell’art. 12, comma 3 (comunicazione dei genitori di non avvalersi dell’insegnamento della lingua friulana per i propri figli); dell’art. 14, commi 2 e 3 (ora settimanale curricolare di insegnamento della lingua friulana e uso veicolare del friulano); e dell’art. 18, comma 4 (possibilità per la Regione di sostenere l’insegnamento del friulano anche nelle istituzione scolastiche esterne alla delimitazione). Secondo il Governo Italiano tali disposizioni violerebbero l’art. 3 dello Statuto di Autonomia della nostra Regione e l’art. 6 della Costituzione italiana “nell’attuazione e nell’interpretazione ad essi conferita dal decreto 223/2002 e dalla legge 482 del 1999”!
Potremmo rispondere dicendo che nulla nella Costituzione italiana vieta di intervenire a favore delle minoranze linguistiche con misure di tutela più estensive di quelle previste della 482. Oppure potremmo ricordare che le Regioni a Statuto speciale, come la nostra, sono chiamate proprio dalla 482 a provvedere a norme attuative della stessa quando sono più favorevoli rispetto a quelle regionali, come dire che si privilegia sempre le forme di tutela più avanzate. In realtà accade che spesso le ragioni addotte dall’impugnativa vadano contro quanto previsto dalla stessa 482/99 (a smentire lo stesso principio che è alla base della contestazione dell’art. 6, comma 2, e dell’art. 8, commi 1 e 3, della l.r. 29/2007, basterebbe dare un’occhiata all’art 5. del decreto attuativo della 482/99: se possono essere tradotti gli atti dello Stato italiano, che è ben più ampio dell’area delimitata come friulanofona, perché non dovrebbe essere possibile per quelli della Regione?) e da altri leggi dello Stato (come nel caso del diritto previsto dall’art. 11, comma 5). Crediamo, quindi, che se quello italiano è davvero uno Stato democratico, la Corte Costituzionale non avrà problemi a rimandare al mittente l’impugnativa del Consiglio dei ministri.
Ciò detto, tuttavia, ci rimane un dubbio: come mai il Governo italiano è stato così pronto ad impugnare la legge regionale e ad aggrapparsi alla 482/99 per limitare i diritti linguistici dei friulani, quando precedentemente non ha fatto nulla di concreto (parole sì, ma atti reali nessuno) per dare attuazione alla stessa 482 che viene da anni impunemente violata della concessionaria radiotelevisiva pubblica, da molti istituti scolastici e da diverse amministrazioni locali? A questo punto è lecito pensare che l’Italia non è ancora in grado di rapportarsi alle comunità minorizzate che vivono all’interno dei confini statali in maniera democratica e rispettosa dei loro diritti. Non sono bastati i richiami giunti più volte dalle autorità europee, il germe del peggiore nazionalismo italiano è ancora vivo e vegeto. Per fortuna le elezioni sono vicine. Ci ricorderemo di quanti in questi mesi hanno sostenuto la battaglia contro la lingua friulana.
Udin, 15 febbraio 2007
Il portavoce del Comitato 482
Carlo Puppo
E a proposit di insegnament di lenghe furlane o met un contribût che o ai cjatât su Il Piccolo di Ts
mercoledì 13 febbraio 2008 - pagina 27
Titolo: L'insegnamento del friulano
• Nel campo della tutela delle minoranze linguistiche succedono cose che richiamano nella memoria il dottor Franco Basaglia. Infatti è molto difficile comprendere come mai coloro che si proclamano «patrioti tituzionali» non siano in grado di sviluppare un discorso in materia conforme alla lettera e allo spirito della Costituzione nonché alla lettera ed allo spirito delle sentenze della Corte costituzionale in materia.
Ed è interessante come le maggiori deviazioni si manifestino nel trattare la questione della minoranza friulana, dove l'illogica logica sostenuta per decenni va a gambe per aria.
Si è sostenuto sempre che la differenza tra la tutela della minoranza tedesca nella provincia di Bolzano e la minoranza slovena nella regione Friuli Venezia Giulia deriva dal fatto che nella provincia di Bolzano la popolazione di lingua tedesca costituisce la maggioranza mentre in nessuna delle province di Gorizia, Trieste e Udine la popolazione di lingua slovena costituisce la maggioranza.
A parte la contraddizione nei termini della pretesa che la minoranza costituisca la maggioranza per poter godere la tutela che le spetta perché costituisce la minoranza, se i germanofoni della provincia di Bolzano godono il "modello europeo di convivenza" come lo ha definito il Presidente della Repubblica italiana il 10 ottobre 2001 a Fola, non si vede perché i friulani, che costituiscono la maggioranza, o poco meno della metà della popolazione, non dovrebbero godere dello stesso «modello europeo di convivenza» offerto da Carlo Azeglio Ciampi all'Europa ed alla Croazia. Ma i friulani non sono cittadini della Repubblica italiana almeno quanto gli altoatesini?
Poi c'è un imperversare del diniego dei cosiddetti diritti collettivi come se la Costituzione della Repubblica italiana non avesse stabilito nell'articolo 2 di riconoscere e garantire «i diritti dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità». E i costituzionalisti ci insegnano che tra le formazioni sociali, alle quali si riferisce la Costituzione, ci sono anche le minoranze linguistiche.
Il deputato Alessandro Maran si è scandalizzato già il 19 agosto 2004 che i friulani si richiamano ai diritti collettivi, «come avveniva nella Jugoslavia di Tito» e si riferiscono perfino alla Costituzione della Slo-venia, mentre soltanto i diritti individuali «implicano una vera democratizzazione».
Abbiamo letto in passato e ci capita di leggere, di nuovo le filippiche di Stelio Spadaro contro l'insegnamento della lingua friulana. Se ho capito bene egli è contro l'insegnamento obbligatorio della lingua friulana. Ciò significa che non ha capito il già citato articolo 2 della Costituzione che oltre a riconoscere e garantire i diritti dell'uomo, «richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale». Nelle aree abitate dalle minoranze linguistiche è forma di solidarietà sociale imparare la lingua della minoranza linguistica.
Immagino che al cittadino italiano medio sia difficile comprendere la portata dei principi fondamentali ai quali si ispira la legge fondamentale della Repubblica. Forse sarà più comprensibile se indico cosa si dovrebbe fare nella Repubblica di Slovenia per applicare quanto richiedono maran e Spadaro:
1. abolire l'insegnamento obbligatorio della lingua italiana nelle scuole con lingua di insegnamento slovena nel territorio di insediamento della minoranza italiana;
2. abolire il termine comunità nazionale italiana o nazionalità italiana per indicare la minoranza linguistica italiana;
3. abrogare la disposizione costituzionale per cui la lingua italiana è lingua ufficiale nel territorio di insediamento della minoranza linguistica italiana;
4. abrogare la norma costituzionale per cui la minoranza linguistica italiana ha un deputato garantito nel parlamento sloveno;
5. abrogare la norma per cui sugli edifici pubblici viene esposta anche la bandiera italiana;
6. abrogare la norma costituzionale per cui la minoranza linguistica italiana ha quattro istituzioni di diritto pubblico;
7. abrogare la norma costituzionale per cui lo Stato può delegare le comunità autogestite della minoranza linguistica italiana di esercitare funzioni di competenza dello Stato;
8. abrogare la norma per cui la minoranza linguistica italiana ha la rappresentanza garantita nei consigli comunali;
9. abrogare la norma per cui il vicesindaco deve appartenere alla minoranza linguistica italiana se il sindaco non appartiene alla minoranza linguistica italiana;
10. abrogare la norma costituzionale per cui non possono venire approvate leggi, altre disposizioni e atti generali riguardanti la minoranza linguistica italiana senza il consenso dei rappresentanti della minoranza linguistica italiana.
Naturalmente spero che Maran e Spadaro non riescano a convincere la maggioranza del parlamento sloveno a fare un tanto per introdurre nel loro Stato «una vera democratizzazione»
Samo Pahor
E stant che ducj si jemplin la bocje di Europe, ve ca ce che al dîs il comissari european responsabil pal multilinguisim
Leonard Orban
European Commissioner responsible for multilingualism
The Added value of Multilingualism
Inauguration of the Chair of Multilingualism
Barcelona, 30 November 2007
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Ladies and gentlemen,
In my capacity as European Commissioner for multilingualism, I
am very pleased to be here in Barcelona. Catalonia is an
example of good practice for all of us in Europe. In your
communities, Catalan and Spanish thrive alongside each other
and multilingualism is encouraged among all citizens.
I am equally pleased to be present today, on the occasion of
the launch of the Linguamón - Universitat Oberta de Catalunya
Chair in Multilingualism.
As you know, the Commission's Framework strategy for
multilingualism, from 2005, emphasised the need to develop
the academic field of multilingualism, and encouraged
universities to introduce chairs in fields related to
multilingualism and interculturalism. The creation of a dedicated
Chair here today is proof that Member States are serious about
promoting multilingualism, and developing higher education
provision that meets the needs of today's students.
I would like to congratulate you on your achievement, which is
the culmination of a long and fruitful collaboration. For today we
can celebrate the inauguration of the Chair in Multilingualism,
which you have aptly called a "nexus", facilitating collaboration
between leading researchers around the world and creating
multi-disciplinary teams to work on different aspects of
multilingualism.
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This initiative will make an important contribution to developing
multilingualism as a discipline in its own right, and I look forward
to following your progress.
Languages at the centre of Europe
Since its creation 50 years ago this year, the European
Community, and now the European Union, has promoted
without pause the languages of its Member States and citizens,
and we continue to celebrate the cultural diversity they transmit.
Each of the Union's six enlargements has extended also to
languages, taking on board new languages and the challenges
managing them brings with it. As a practical step, we are
creating Field Offices for multilingualism in European capitals. I
am pleased to say we have a multilingualism office in Barcelona
too, to cater for the needs of Catalonia's citizens.
Year on year, multilingualism - its benefits and its challenges -
has gained in profile. In 2003, we adopted the Languages
Action Plan for 2004 to 2006 - the first comprehensive policy
approach to language teaching and learning across Europe. In
2005, we published a framework strategy on multilingualism. In
January this year, I had the honour to be appointed the first
Commissioner for multilingualism at the European Commission.
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Currently, I and my services are redoubling our efforts to raise
the profile of multilingualism on the European stage. My
conviction that languages are both a tool and an asset in 21
st
century Europe has prompted me to consider a new strategy for
multilingualism, which I intend to issue next year.
Your initiative, therefore, comes at a strategically opportune
moment. It will make a major contribution to furthering the
multilingualism cause and meeting the challenges it poses.
Multilingualism a bridge in a changing Europe
Ladies and gentlemen,
Europe is changing fast, as we are all aware. More EU
nationals than ever are taking advantage of freedom of
movement, which is accompanied by new challenges and
obligations for receiving countries. We are seeing the number of
arrivals from outside the Union increasing, in step with
globalisation.
Against this backdrop, multilingualism is the tool for creating
bridges between people rather than seeing division. It is the
most explicit example of the European Union's motto, 'unity in
diversity'. It is a prime channel for developing socially cohesive
societies and for raising skills and competitiveness in the
knowledge society.
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Global world, changing needs - value for the individual
In the past, many learned languages for their intrinsic beauty
and to gain access to literature. However, they rarely had the
opportunity to speak them. This is not the case today. The
world has changed completely in this respect. One doesn't have
to travel to use a foreign language. We have daily access and
exposure on our doorstep, or keyboard. Through technologies,
one has access from home to TV, radio and web sites in any
number of languages. In addition, we travel more, for work or
for leisure, for family reasons. It becomes ever more important
to function in more than one language.
Migration is also having a direct impact on the need for
multilingualism throughout the EU, since migrants extend from
our metropolitan areas to the most remote rural areas in our
Member States.
In our local communities, therefore, multilingualism has become
a normal feature of society. Every EU citizen benefits from
knowing more than one language, in their daily lives and in
relations with their neighbours, colleagues and friends. The
European Commission suggests, and Member States agree,
that all Europeans aspire to mastering two languages, in
addition to their mother tongue. May I say, the citizens of
Barcelona are leading the way.
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Next year is the European Year of Intercultural Dialogue. Given
that languages and intercultural skills are so inextricably linked,
I have created a High Level Group of Intellectuals, chaired by
Amin Maalouf, to advise me on the contribution of
multilingualism to intercultural dialogue, as part of the European
Year of Intercultural Dialogue 2008 and beyond. The Group
should make recommendations on how languages can open
doors for intercultural dialogue and mutual understanding in the
European Union.
Added value for society and the economy
Multilingualism promotes a 'healthy economy', and particularly
in this competitive world of global markets, languages mean
business. I am happy to say that, since taking up my 'chair' in
multilingualism, we are increasingly getting business on board
to champion languages in the workplace.
Early this year, we published a study which showed that
companies, particularly small and medium-sized companies,
are losing out because a lack of language skills stops them
from attracting new business, whether in Europe or more
widely. We must act to reduce this skills gap!
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Our challenge is to get the message across to business and to
education that languages have an economic impact, and to arm
companies and individuals with the language tools and
strategies for success.
So, at a conference on languages and business in September,
we brought together business, language providers and regional
and local actors, to discuss how best to promote languages in
business and how to meet companies' needs. There is a great
deal of good practice out there, and the conference was a first
time for education providers and business to share their views
and experience.
I have set up a Business Forum to continue this work. The
forum will give us recommendations on language strategies for
boosting the competitiveness of companies and improving the
employability and mobility of workers; and on raising awareness
about the benefits of multilingualism.
Expectations from the chair in multilingualism
Finally, ladies and gentlemen, I would now like to share with
you some of our expectations and hopes for the Chair in
Multilingualism. What can its contribution be for the Open
University and its students, and more widely?
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Our 2005 Communication underlines the "need for national
plans to give coherence and direction to actions to promote
multilingualism". Here in Barcelona, you are certainly taking up
the gauntlet.
The Chair being inaugurated today will be highly beneficial for
the University. Its immediate impact will be to:
• Promote languages among students and staff throughout
this university and the higher education sector in
Catalonia, and its partner institutions worldwide
• Enhance choice of studies
• Improve teacher training and
• Further research in this hitherto under-developed field.
In addition, the chair is well-placed to encourage multilingualism
in a holistic way, through coordinating activities across all
relevant faculties of the university, and in so doing have knock-
on effects. For example, in cooperation with the teacher training
department it can work to ensure that in the future, no young
graduate teachers come into the profession of language
teaching without having spent a period of immersion in a
country where the language they teach is spoken. The
universities' graduate teachers can be prepared to participate in
CLIL - Content and Language Integrated Learning.
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Universities across Europe are more and more placing
themselves as actors within society, sending out the message
that they are relevant to society, to the labour market. Dialogue
with business will allow you to share your languages expertise
with the business world, to help them meet their language
needs.
I welcome in particular your plans to design an International
Master in Multilingualism Management. This will enhance the
offer of studies in this field. Your dissemination and research
will complement the work we are doing at European level.
Your intentions to embed the Chair in an international setting
are most welcome. We hope that your plans to create a
European Network of Chairs in Multilingualism will come to
fruition in 2008.
Thank you for your attention. I wish you every success with this
new and exciting endeavour.
E cheste me à mandade la prof.e Silvaba Schiavi Fachin, dal centri pal plurilinguisim de Universitât dal Friûl
Chi ha paura della ‘Babele ‘ delle lingue?
di Silvana Schiavi Fachin
Giovedì 31 gennaio 2008, il quotidiano La Repubblica dedicava due intere pagine alla conferenza stampa tenuta a Bruxelles dal Commissario per il Multilinguismo Leonard Orban in occasione della presentazione del rapporto Come la molteplicità delle lingue potrebbe rafforzare l’Europa redatto per la Commissione Europea da Amin Maaoulouf , scrittore franco libanese e presidente del High Group for Multilingualism composto da undici intellettuali ed esperti con il compito di presentare proposte e raccomandazioni sulle modalità per incentivare il dialogo interculturale e la comprensione reciproca attraverso le lingue. L’Italia è rappresentata nel gruppo dal prof.Tullio de Mauro.
In quanto parte integrante della nostra identità,ha dichiarato il Commissario L.Orban, la lingua è l’elemento strutturante di ogni cultura e la sua espressione più diretta. Rispettare e promuovere la diversità linguistica e culturale è una delle priorità strategiche dell’Unione Europea e un fondamento basilare per l’integrazione . La valorizzazione del dialogo interculturale è inseparabile dal multilinguismo.E ha dichiarato il 2008 l’anno dell’interculturalismo.
Leggendo i titoli di alcuni quotidiani di oggi – 15 febbraio – si resta sconcertati per il divario che esiste nel nostro paese nei confronti della salvaguardia e della valorizzazione delle diversità linguistica e culturale.Sul Messaggero Veneto leggo:Il governo impugna la legge sul friulano. Il consiglio dei ministri si rivolge alla consulta C’è il rischio di un regime di bilinguismo.
Ci rendiamo conto? Viviamo in un paese nel quale l’uso di più lingue è considerato un rischio e una legge che promuove il bilinguismo friulano – italiano autoritaria e repressiva!
Sempre nel corso della conferenza stampa ai giornalisti che denunciavano la complessità e i costi della gestione di un patrimonio linguistico come quello del Vecchio continente, certamente fonte di ricchezza ma anche di tensioni,L.Orban faceva notare “ Ma la lingua è un diritto e questo è il costo della democrazia.E ai giornalisti italiani ricordave che: solo le lingue ufficialmente in uso in Italia e iscritte nella vostra Costituzione sono più di una decina : dodici per l’esattezza. Una cultura evidentemente estranea ai nostri governanti e ai loro consiglieri che non solo non leggono i documenti europei ma nemmeno le pagine culturali dei grandi quotidiani italiani.Ed è sconcertante che il Ministero della Pubblica Istruzione ignori anche che l’uso veicolare delle lingue, di tutte le lingue , è uno dei principi più innovativi dell’insegnamento/apprendimento linguistico peraltro già presente nella l.482/99 all’art.4 che recita: Nelle scuole elementari e nelle scuole secondarie di primo grado è previsto l’uso anche della lingua della minoranza come strumento di insegnamento. Una legge dello stato che anche i sigg. Ministri sono tenuti a rispettare.
E veniamo al quotidiano di maggior diffusione Il Corriere della Sera che oggi titola: Friuli. il governo dice no al dialetto nelle scuole. Un giornale così prestigioso dovrebbe sapere che il friulano non è un dialetto ma è una delle dodici minoranze linguistiche storiche tutelate da una legge dello stato ( l.482/99 ,art.2 ) e soprattutto che l’educazione bilingue,qualora sia ben condotta, potenzia la competenza in entrambe le lingue e non ostacola l’apprendimento dell’italiano. Mandi i suoi corrispondenti a visitare le molte scuole che da anni sviluppano progetti di grande qualità invece di intervenire sulla base di un chicchiericcio fuorviante e pretestuoso.
Sono certa che il governo regionale del Friuli Venezia Giulia che coraggiosamente ha saputo approvare due importanti leggi per valorizzare due delle tre lingue minoritarie – quella friulana e quella slovena – che compongono il ricco mosaico del nostro territorio, saprà difendere il provvedimento dai supposti vizi di incostituzionalità e avviare , mi auguro nei tempi brevi, un’efficace azione di politica linguistica che valorizzi il plurilinguismo di tutti i miei concittadini ,soprattutto delle giovani generazioni.
CHESTIS A SON LIS MOTIVAZIONS CHE IL GUVIER AL à SCRIT PAR IMPUGNÂ LA LEç 29/2007 pe tutele de lenghe furlane
Legge 29 del 18/12/2007 Bur N. 52 del 27/12/2007
Id: 4880 Norme per la tutela, valorizzazione e promozione della lingua friulana.
(Scadenza: 25/02/2008)
La legge regionale in esame, recante "Norme per la tutela, valorizzazione e promozione della lingua friulana", eccede sotto diversi profili la competenza legislativa attribuita alla Regione Friuli- Venezia Giulia dall'art. 3 dello Statuto speciale (L.cost. 31 gennaio 1963, n. 1), che prevede la tutela delle minoranze linguistiche presenti nella Regione, e dal D.Lgs. n. 223 del 2002 che, nel dettare le "Norme di attuazione dello statuto speciale della regione Friuli-Venezia Giulia per il trasferimento di funzioni in materia di tutela della lingua e della cultura delle minoranze linguistiche storiche nella regione", demanda alla legislazione regionale l'attuazione delle disposizioni della legge 15 dicembre 1999, n. 482, legge quadro che reca "Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche" a livello nazionale, "in attuazione dell'art. 6 della Cost.".
Più in particolare le disposizioni regionali che presentano profili di illegittimità costituzionale, contrastando con le norme statutarie e costituzionali sopra richiamate, nonché con le relative norme di attuazione, sono le seguenti:
1) L'art. 6, comma 2, e l'art. 8, commi 1 e 3, nel prevedere un obbligo generale per gli uffici dell'intera regione, operante anche nelle aree escluse dal territorio di insediamento del gruppo linguistico friulano (delimitato ai sensi dell'art. 3 della stessa legge), di rispondere in friulano "alla generalità dei cittadini" che si avvalgono del diritto di usare tale lingua e di redigere anche in friulano gli atti comunicati "alla generalità dei cittadini", nonchè di effettuare in tale lingua la comunicazione istituzionale e la pubblicità, contrastano con l'art. 9, comma 1, della l. n. 482/99 (attuativa dell'art. 6 Cost.), che circoscrive l'uso della lingua minoritaria nei soli comuni di insediamento del relativo gruppo linguistico.
2) L’art. 9, comma 3, stabilisce che “per garantire la traduzione a coloro che non comprendono la lingua friulana “può” essere prevista la ripetizione degli interventi in lingua italiana ovvero il deposito contestuale dei testi tradotti in forma scritta”. Tale disposizione contrasta, oltre che con il più volte richiamato principio di cui all'art. 6 Cost., anche con l’art. 7 L. 482/1999 che, ai commi 3 – 4 statuisce che “qualora uno o più componenti degli organi collegiali di cui ai commi 1 – 2 dichiarino di non conoscere la lingua ammessa a tutela, “deve” essere garantita una immediata traduzione in lingua italiana” e “qualora gli atti destinati ad uso pubblico siano redatti nelle due lingue, producono effetti giuridici solo gli atti e le deliberazioni redatti in lingua italiana”. Contrasta, inoltre, con l’art. 8 L. 482/1999 che, con riferimento alla possibilità per il consiglio comunale di pubblicare atti nella lingua ammessa a tutela, fa tuttavia salvo “il valore esclusivo degli atti nel testo redatto in lingua italiana”.
3) L'art. 11, comma 5, nella parte in cui prevede che gli enti locali possano adottare l'uso di toponimi "nella sola lingua friulana" e che "la denominazione prescelta diviene la denominazione ufficiale a tutti gli effetti" contrasta con l'art.1, comma 1, della L. n. 482/99, sempre in riferimento all'art. 6 Cost., secondo i quali "la lingua ufficiale della Repubblica è l'italiano" e con l'art. 10 L. 482/99 secondo cui nei comuni di insediamento della minoranza linguistica "i consigli comunali possono deliberare l'adozione di toponimi conformi alle tradizioni e agli usi" solo "in aggiunta ai toponimi ufficiali".
4) L'art. 12, comma 3, riguardante l'apprendimento scolastico della lingua minoritaria, prevedendo che i genitori che non intendano far frequentare ai propri figli l'insegnamento della lingua friulana debbano comunicare espressamente al momento dell'iscrizione la volontà di non avvalersi dell'insegnamento di tale lingua (prefigurando in caso di mancata comunicazione una sorta di silenzio-assenso in capo agli stessi), comporta sostanzialmente un'imposizione alle istituzioni scolastiche di impartire tale insegnamento, contrastando in tal modo con i principi dell'autonomia organizzativa e didattica delle istituzioni scolastiche di cui all'art. 21, commi 8 e 9 l. n. 59/97, con quanto disposto dall'art. 4 della l. n. 482/99, sempre in rapporto all'art. 6 Cost., che, nel prevedere l'insegnamento della lingua minoritaria nei comuni di insediamento della minoranza, demanda all'autonomia scolastica i tempi e le metodologie di svolgimento e, in particolare, al comma 5, prevede che la manifestazione di volontà da parte dei genitori consista nell''assenso' alla frequenza dell'insegnamento. Analogamente l'art. 14, commi 2 e 3, stabilendo che l'insegnamento della lingua friulana è garantito per almeno un'ora alla settimana per la durata dell'anno scolastico, e che nella programmazione dell'insegnamento della lingua friulana sono comprese le modalità didattiche che assumono come modello di riferimento il metodo basato sull'apprendimento veicolare integrato delle lingue, impongono alle istituzioni scolastiche tempi e modi di insegnamento, ponendosi in tal modo in contrasto con i principi dell'autonomia organizzativa e didattica delle istituzioni scolastiche di cui all'art. 21, commi 8 e 9, l. n. 59/97, e con quanto disposto dall'art. 4 della l. n. 482/99, in rapporto all'art. 6 Cost., che, nel prevedere l'insegnamento della lingua minoritaria nei comuni di insediamento della minoranza, rinvia a tali principi circa i tempi e le metodologie di svolgimento dell'insegnamento. In particolare nel contrastare con i principi dell'autonomia scolastica la disposizione regionale viola, in virtù della clausola di equiparazione di cui all'art. 10 della l. cost. n. 3 del 2001 (da applicarsi alla Regione Friuli-Venezia Giulia che ai sensi dell'art. 6, n. 1), dello statuto speciale ha in materia di istruzione competenza integrativa), l'art. 117, terzo comma, Cost. che esclude espressamente dalla competenza concorrente regionale "l'autonomia delle istituzioni scolastiche".
5) L'art. 18, comma 4, prevedendo che la Regione può "sostenere" l'insegnamento della lingua friulana anche nelle istituzioni scolastiche situate nelle aree escluse dal territorio di insediamento della minoranza friulana, contrasta con l'art. 4, commi 1 e 2, della l. n. 482/99, attuativa, lo si ribadisce ancora una volta, dell'art. 6 Cost., che circoscrivono l'insegnamento della lingua minoritaria alle scuole situate nell' ambito territoriale di insediamento della minoranza.
Alla luce delle considerazioni sopra svolte le disposizioni censurate sono pertanto da impugnare ai sensi dell'art. 127 Cost. in quanto violano l'art. 3 dello statuto speciale e l'art. 6 Cost. nell'attuazione e nell'interpretazione ad essi conferita dal d.lgs. n 223/2002 e dalla l. n. 482 del 1999.
Tra lis altris robis comichis, viodêt cemût che e je prescrite la presince dal furlan tes assembleis publichis; stabilît che no si pues fâ un intervent par furlan distribuint la traduzion par talian (i talians no lein) e che no pues sei une traduzion consecutive (no je imediade) o pensi che e resti nome la pussibilitât de traduzion simultanie, ma ancje chi par imediât ce si intindial?: trops decims di secont àno di passâ tra la frase par furlan e la traduzion par talian? Jessint par definizion impussibile la contemporanitât, jo o disarès che la lenghe minoritarie no si pues doprâ tes assembleis. E cun cheste o soi pront par lavorâ tun ministeri. Me che si vergognin!
E se al fos scjampât il link tal post, o torni a meti achì un post che tra mieç di dute la incazadure che o vevi, mi à fat ridi, ancje se al è ce vaî: fracait achì.
E chi us met une interessante interviste di Lorenzo Fabbro, president de Arlef.
Dal Gazzettino, 15/02/2008
IL PRESIDENTE DELL’ARLEF
Fabbro: «Il futuro sarà delle generazioni plurilingue»
Udine
Lorenzo Fabbro , presidente dell'Agenzia regionale per la lingua friulana, non vede rischi di bilinguismo spinto in regione. Semmai la nascita di una generazione friulana plurilingue e autenticamente europea.
Presidente Fabbro , allora non avremo subito le ore di friulano, il friulano lingua veicolare e le altre novità introdotte dalla Regione?
«Si è fatta un po' di confusione. Questa è la seconda legge a tutela della nostra lingua e aggiorna in contenuti della legge 15 del 1996. Nel '99 intervenne la legge nazionale 482, che prevede espressamente quanto ora si potrà fare con la legge di dicembre. Le nuove norme aggiornano i contenuti di quelle più vecchie sull'uso della lingua nei rapporti fra cittadino e pubblica amministrazione».
Ma il nocciolo sta nella scuola. Dalle parole ai fatti quando e come si passa?
«Serve la Commissione permanente per l'insegnamento. E dovrà farla prossimamente la Regione. Ma intanto noi dell'Arlef siamo soddisfatti di avere da poche settimane una legge di riferimento, che fonda i pilastri di una politica linguistica seria. Parlo dell'uso sociale della lingua, della sua presenza negli uffici pubblici e sui mezzi di comunicazione. E poi, certo, la grande scommessa è a scuola».
Lei dice che da tempo il friulano a scuola c'è già.
«È vero. Dopo la legge 482 si è potuto avviare una serie di progetti di buona volontà in numerose scuole e a ogni livello didattico».
E gli insegnanti? Fra le critiche più aspre alla nuova legge campeggia la loro formazione, le modalità del loro futuro reclutamento. Si accusa la Regione di aver sconfinato nelle competenze scolastiche dello Stato. E se adesso a Roma bocciano l'agognata legge, che figura facciamo?
«La verità è che centinaia d'insegnanti sono già stati formati dall'Università di Udine, perfino a livello di master. Mancava, però, un riconoscimento formale. E poi il dibattito sulla facoltà di chiedere l'insegnamento "del" o "in" friulano non ha senso».
Scusi, ma se uno non vuole il friulano, deve diventar matto per ottenere l'esclusione di suo figlio?
«L'Arlef non ha mai parlato di obbligatorietà ma di materia curricolare, nell'ambito dellaquota di autonomia regionale che esiste nella gestione scolastica. In altre parole: la Regione ha fatto una scelta, ma sta ai genitori decidere. Non può né deve essere un dovere, ma sarà un'opportunità in più nella prospettiva di un'educazione plurilingue dei cittadini più giovani. È assodato: i modelli didattici plurilingue migliorano i livelli generali di preparazione degli studenti, compresi i cittadini immigrati».
Niente imperativi, insomma. Libertà assoluta?
«Sicuro. Serve informazione seria, dire alla gente le cose come stanno, lasciando perdere una volta per tutte imposizioni che non esistono».
Più lingue friulano compreso, è questa la strada?
«Proprio questa. Vale per l'inglese, il tedesco, francese. Varrà anche per il friulano. L'uso veicolare della lingua è previsto dalla legge 482 e recepito dalla nuova legge regionale. Ogni scuolapotrà decidere di insegnare una materia nella lingua che desidera. Non l'abbiamo inventato noi, questo sistema: in inglese si chiama Clil ed è un acronimo che sta perContent and language integrated learning».
E funziona?
«Dov'è stato sperimentato, Friuli compreso, ha ottenuto risultati eccellenti. Per esempio al Malignani di Udine».
Falsa, allora, l'accusa che insegnare in friulano provocherebbe confusione con le lingue straniere?
«Falsissima. Lo dimostrano le scienze cognitive: questo sistema apre la mente dei ragazzi a più lingue e quindi al mondo. Noi, poi, abbiamo una fortuna sfacciata».
Quale fortuna?
«Siamo da sempre una terra di frontiera con ben tre lingue minoritarie: friulano, sloveno e tedesco. E senza considerare l'importanza, che non va negata, del dialetto triestino e delle parlate venete. E allora cosa facciamo? L'Europa prescrive che il cittadino dell'Unione debba saper parlare almeno tre lingue: quella regionale (la lingua del suo ambiente d'origine), quella nazionale e una, almeno una internazionale».
Perciò friulano, italiano e inglese?
«Sarebbe un delitto che una lingua vada perduta, ma altrettanto grave sarebbe mancare l'occasione di diventare tutti plurilingui, oltretutto nel segno della nostra storia, valorizzando lamarilenghe assieme a sloveno e tedesco come lingue regionali. In vent'anni avremo una formidabile generazione europea di frontiera. A quel punto imparare l'inglese sarebbe un gioco, mentre oggi in Italia viene assimilato ancora come una lingua morta».
Un'altra critica ricorrente: insegnare il friulano a scuola non serve, basta impararlo in famiglia.
«Sono cose distinte. Bisogna che ai bambini che cominciano la loro carriera scolastica s'insegni la lingua mamma di casa, il friulano locale».
Dunque non la lingua ufficiale riconosciuta e accettata?
«Non subito. Il friulano che vive nel cuore non va spento, ma esaltato. E l'insegnante dovrà rispettarlo. Il bambino capirà in seguito che esistono levarianti ed esiste una comunità di friulani alla quale serve una grafia comune».
Le famiglie si chiedono: ma adesso cosa succede?
«Subito quasi niente. Nel prossimo anno scolastico le cose si continueranno come prima della nuova legge. C'è da istituire la Commissione per l'insegnamento ed entro sei mesi varare il regolamento di attuazione. Alla fine avremo un'ora facoltativa di friulano e alcuni insegnamenti in friulano veicolare».
E la selezione degli insegnanti?
«Nascerà un albo di insegnanti certificati con esame da disciplinare per mezzo del regolamento della legge, senza alcuna graduatoria. Il dirigente scolastico al quale serve l'insegnante di friulano potrà attingere a questo elenco garantito. La Regione indicherà anche i criteri per accreditare gli enti di certificazione oltre all'Università. Come in Svizzera, Catalogna, Galles e Irlanda».
Maurizio Bait
L'Arlef, l'Agenzia regionale della ...
L'Arlef, l'Agenzia regionale della lingua friulana (ma l'acronimo sta per lenghe furlane), è nata nel 2005 con una norma della legge finanziaria della Regione, che ha sancito la fine dell'Olf (Osservatorio della lingua friulana).
L'Agenzia è costituita da Regione e Province di Udine, Pordenone e Gorizia, ma nel Consiglio d'amministrazione siedono anche rappresentanti dell'Università di Udine e dell'Anci.
Lo scopo istituzionale dell'Arlef è organizzare la politica linguistica della Regione sulla marilenghe.
Presidente dal giugno 2006 è Lorenzo Fabbro , classe 1965, di Palazzolo dello Stella (dove è stato anche sindaco). È un funzionario regionale passato in forza alla Provincia di Udine.
Nel 2007 è stato completato il processo di definizione dell'organico dell'Agenzia.
A part cualchi inesatece dal gjornalist (ArLEF al è un acronim che al sigjifiche Agjenzie Regjonâl pe Lenghe Furlane), la interviste tocje diviers ponts interessants e lu fâs cun clarece, definint la oportunitât di vivi intune regjon pardabon speciâl dal pont di viste linguistic.
Sul Mv di vuê
SABATO, 16 FEBBRAIO 2008
Pagina 1 - Prima Pagina
Ai “friulanofobi” piace la madrelingua morta
PERCHÉ SÌ
di GIANFRANCO D’ARONCO
C’è qualcuno a cui non piace il friulano. Lo vorrebbe freddo, da “rigor mortis”, e pazienza. Ma vorrebbe anche che non piacesse a nessuno. Alcuni friulanofobi hanno pubblicato a pagamento, mesi fa, un comunicato, in cui si è appreso che essi amano il Friuli, ma che sono contrari alla legge sul friulano: essi vogliono che la nostra lingua materna venga coltivata solo in famiglia, se proprio occorre. Nella scuola no. Insomma a loro piace la polenta, ma sono contrari a coltivare il granturco.
Che noi si sappia, dall’asilo alla università s’insegna l’italiano, e si studia la grammatica, e si leggono i migliori scrittori: conosciamo bene l’italiano perché ce lo insegnano gli insegnanti. Non ci fosse la scuola, nel migliore dei casi parleremmo un misto di italiano-veneto, italiano-piemontese, italiano-romanesco, italiano-siciliano. Insomma avrebbero trionfato la varietà locali più o meno imbastardite, e addio unità della lingua.
Il buon Alessandro Manzoni, che i nostri friulanofagi hanno certo sentito nominare, quando si diede da fare 150 anni fa, incaricato dal ministro, per suggerire provvedimenti utili a instaurare una lingua comune, partì dal fiorentino su cui fondare e diffondere una koinè per la intera nazione. La lingua italiana doveva essere quindi insegnata, e si pubblicò un vocabolario da mettere in mano non dico agli asinelli delle elementari, ma ai cittadini che sapessero leggere e scrivere. Così, adagio adagio, un abruzzese e un sardo avrebbero potuto una buona volta intendersi senza difficoltà. Il ministro Emilio Broglio e gli altri non potevano pretendere che l’italiano venisse insegnato in famiglia: bisognava impararlo sui banchi di scuola. Questo non impedì che, accanto alla lingua comune, fossero parlate e scritte le varietà regionali, le quali ancora oggi si perpetuano, senza che niente e nessuno le soffochi.
Ma il friulano non è una lingua, dicono i neo-linguisti di casa nostra, tutti tesi nella linea del “cupio dissolvi”. Tutti, fuorché loro, sanno che in campo scientifico non ha senso parlare di dialetti. Meglio parlare – e per le lingue e per i vernacoli – di idiomi. Ma se proprio si vuole adottare un criterio pratico per distinguere le prime dai secondi, diciamo che la lingua possiede una sua consolidata tradizione e una valida produzione letteraria. Il friulano nasce alla poesia con i componimenti cortesi del ‘300, e senza interruzioni arriva a Pasolini. Basta così?
Meglio insegnare l’inglese (o magari il cinese), dicono allarmati i bastian-contrari. E chi glielo impedisce? Forse che un’ora di friulano alla settimana soffocherebbe tutto il resto? Ma, dicono, non si può insegnare il friulano a chi non lo vuole. E chi glielo impone? Basta dire che quell’insegnamento non lo si gradisce, e amici come prima.
E dove non lo si parla?, chiedono gli italianissimi in affanno. A suo tempo i Comuni della regione sono stati interpellati, e 175 su 213 si sono espressi a favore del friulano; i rimanenti non saranno toccati dalla legge innovativa. Da una recente inchiesta, risulta che in via sperimentale il 70 per cento degli alunni studia già la lingua minoritaria, e ogni anno sono in aumento.
E gli insegnanti dove li troviamo?, obiettano gli obiettori indefessi. Intanto sono già oltre 600: ove occorra, la Università e le istituzioni riconosciute ne sforneranno altri, checché ne dicano i Pierini di turno. A proposito dei quali ci è parsa di cattivo gusto una presa di posizione del Consiglio comunale di Trieste – “primus inter pares” un oriundo di Aiello – che nel novembre scorso si è espresso contro la legge sul friulano. Sarebbe meglio se si occupassero dei problemi di casa, che sono molti. Noi, per esempio, siamo favorevoli al dialetto triestino, innalzato a vera poesia da Virgilio Giotti. Ci ha fatto anche specie che una Flc (l’acrostico significa Federazione dei lavoratori della comunicazione) abbia proclamato in pari data che la legge possa «creare le condizioni di una scuola etnica» (non ha osato dire “razzista”), mentre occorre salvaguardare l’«impianto unitario nazionale».
Qualcuno della compagnia ha anche detto che disposizioni del genere limitano i diritti individuali: il che sarebbe come asserire che, se una legge non piace a Tizio o a Caio, possono replicare come Tecoppa al giudice che lo condannava per ubriachezza: «E io non accetto». Altri ancora – tentando un Guinness da primati nel campo che si sa – ha parlato di «furbata populista, se non una scelta demenziale», concludendo che andava meglio ai tempi di Cecco Beppe, quando ognuno parlava come voleva. (Se era una battuta, ci ha fatto piangere.)
Siamo seri. Il linguista-principe Tullio De Mauro, già ministro della pubblica istruzione, ha bocciato il ricorso del governo, contrario al friulano nelle scuole. «Si sta andando contro un diritto umano sancito dalle Nazioni Unite, dall’Unione Europea, dalla Costituzione italiana e da una legge dello Stato. Per tutti questi motivi, farà bene la Regione a difendere i suoi punti di vista». Intanto in Sardegna una legge in difesa della propria lingua va avanti a spron battuto, e nel vicino Veneto lingua e cultura locali entrano nelle scuole senza attendere leggi apposite, diventando parte integrante della offerta formativa. Noi furlani, ultimi degli ultimi, assistiamo invece a una presa di posizione negativa di un ministro, anzi una ministra delle regioni, che in una intervista rilasciata di recente a Udine, si è rivelata anti-regionalista.
Grazie mille. L’importante è che i friulani siano primi in Italia nelle donazioni di sangue.
Sul Mv di vuê
SABATO, 16 FEBBRAIO 2008
Pagina 2 - Attualità
IL CENTRODESTRA: BRAVO GOVERNO (di centriçampe, ndr)
Da An all’Udc: giusto impugnarla. Il Pdci contro l’esecutivo
LO STOP ALLA TUTELA
Friulanisti e centro-sinistra contestano il ricorso
L’opposizione: no, è stata una scelta di garanzia
UDINE. Un voltafaccia del governo, per molti esponenti di Intesa Democratica, la coalizione di centro-sinistra che governa la Regione, e del mondo autonomista friulano. Al contrario, quella dell’esecutivo Prodi è considerata una condivisibile scelta di garanzia, da parte del centrodestra. I Poli si dividono in regione, dopo la notizia che il Consiglio dei Ministri - all'unanimità - ha deciso di impugnare la legge sulla lingua friulana davanti la Corte Costituzionale.
Una scelta che alimenta veleni e accuse, anche su chi del Pd, nella Capitale, si è speso contro la legge che tutela e valorizza la marilenghe. Per motivi - secondo alcuni - eminentemente politici.
La legge, secondo il Governo, contrasta con alcuni principi costituzionali, andando al di là della tutela del friulano e prefigurando «un regime di sostanziale bilinguismo», fino a una sorta di 'esclusivita.
E poco giova - agli autonomisti, in particolare - l'affermazione di Alessandro Maran, parlamentare del Pd, secondo la quale l'intervento del Governo «non è autoritativo».
Di «decisione molto grave» parla il segretario del Pdci, Stojan Spetic. Il Governo, spiega, «poteva scegliere un'altra strada, meno conflittuale, che è quella delle osservazioni e della correzione concordata dei punti più controversi. L'impugnazione - evidenzia Spetic - delinea chiaramente l'ostilità nei confronti dei diritti della popolazione friulana, evidentemente suscitata dalle polemiche innescate anche da esponenti regionali del Partito democratico, specie a Trieste e Gorizia, con argomenti demagogici e spesso estemporanei che non hanno risparmiato nemmeno la proposta di nuovo Statuto della Regione e la sua denominazione plurilingue».
Parla schiettamente di riserve «politiche e non giuridiche», William Cisilino, tra gli autori della prima bozza di legge, che in un suo intervento su La Patrie dal Friûl, ha affermato che «sulla legge per il friulano i Ministeri hanno cambiato idea». Quando il Comitato di esperti realizzò «la prima bozza della legge - racconta Cisilino - molto, ma molto più avanzata di quella che poi è passata, un membro del Comitato si recò a Roma, precisamente al Ministero degli Affari regionali e a quello dell'Istruzione, per controllare con i funzionari romani la nuova normativa ed evitare possibili eccezioni di incostituzionalità. Ebbene, tranne alcune piccole cose, i Ministeri hanno approvato quel ddl che, ripeto, era molto più avanzato di questa legge. Ora invece gli stessi Ministeri hanno cambiato idea: la prova provata che le riserve sono solo politiche e non giuridiche».
Di tutt'altro avviso Roberto Molinaro, capogruppo dell'Udc in Consiglio regionale. Per lui, il Governo «ha fatto semplicemente il suo dovere, che è quello di garantire la legittimità e il rispetto delle competenze differenziate di Stato e Regione previste dalla Costituzione».
«La maggioranza non aveva tenuto in considerazione le decine di proposte migliorative e correttive che avevamo presentato in Aula, privilegiando - sostiene - la coesione della stessa ed il rapporto con la Lega Nord». Secondo Molinaro «alla fine a rimetterci è stata la valorizzazione del friulano, sacrificata sul tavolo degli interessi elettorali e dall'accettazione delle posizioni estremistiche».
Lettura politica anche quella offerta dagli esponenti del Movimento Friuli, Marco De Agostini e Adriano Ceschia, secondo i quali si tratta di «un attacco del Governo alla Giunta Illy».
«Così facendo, il Consiglio del Ministri ha dato ragione all'opposizione di centrodestra, avversa a questa legge». La legge - affermano - è stata «impugnata dal Governo presentando argomenti contraddittori, esprimendo la volontà manifesta di un becero nazionalismo italiano che vuole fermare un processo di recupero del significato profondo dell'autonomia del Friuli». Critici anche Renzo Pascolat, pure lui esponente dell'autonomismo friulano, e Carlo Puppo, presidente del Comitato 482.
Sonia Sicco
Sul Mv di îr
VENERDÌ, 15 FEBBRAIO 2008
Pagina 2 - Attualità
Honsell: è preoccupante ci siano tutte queste difficoltà
IL RETTORE
UDINE. Giudica «preoccupante», il rettore di Udine, Furio Honsell, ora candidato del Pd a sindaco di Udine, «che ci siano ancora delle difficoltà all’insegnamento del friulano nelle scuole». Questo il suo commento alla notizia dell’impugnazione della legge sulla lingua friulana da parte del Consiglio dei Ministri. «Ancor di piú - ha aggiunto Honsell - se si considera che quella inviata alla Corte Costituzione, che saprà sicuramente comprendere e discernere, è una legge attuativa, applicativa della legge nazionale 482». Secondo Honsell, «al di là di ogni altra considerazione, non vedo il motivo di questi nuovi ostacoli. Sono questioni, tranne quella sul silenzio assenso scolastico, francamente di poco peso, che mortificano quanti si sono spesi in questi anni per portare l'insegnamento del friulano nelle scuole. Sono dell'idea che se da una parte occorre tutelare l'autonomia scolastica, dall'altra occorra rispettare l'autonomia di una Regione a statuto speciale, che ha legiferato in applicazione di una norma nazionale per lo sviluppo di una lingua che secondo me è un patrimonio dell'umanità e un segno distintivo, assieme alle altre lingue parlate in regione, di questa nostra terra». (s.s.)
SUl Mv di îr:
VENERDÌ, 15 FEBBRAIO 2008
Pagina 2 - Attualità
I FRIULANISTI: TRADITI DA ROMA, INTERVENGA ILLY
UDINE. Sconcerto, delusione, rabbia. Sono questi i sentimenti che animano il mondo dell’autonomismo friulano dopo aver appreso della decisione del Consiglio dei Ministri di impugnare, davanti la Corte Costituzionale, la legge regionale che promuove e tutela la lingua friulana.
Per il mondo autonomista, la legge rappresenta un giusto riconoscimento del ruolo della marilenghe, per troppo tempo oscurato.
Per il Consiglio dei Ministri, invece, la legge varata il novembre scorso dal Consiglio regionale è in contrasto con alcuni principi costituzionali, va al di là della tutela della lingua e prefigura «un regime di sostanziale Bilinguismo», fino a una sorta di «esclusività della lingua friulana» in alcuni settori. L'auspicio espresso dagli esponenti del mondo autonomista è quello di un pronto ricorso da parte della giunta regionale.
Forte la delusione di Gianfranco D'Aronco, presidente del comitato per l'autonomia e il rilancio del Friuli: «Che la notizia abbia suscitato sconcerto nei friulani come noi è dir poco. Si tratta di una legge regionale in linea con gli indirizzi europei e con la legge nazionale 482 del 1999. Ora ci troviamo di fronte a un Governo di centrosinistra che impugna una decisione votata a maggioranza da un Consiglio regionale di Centrosinistra».
«Ho la impressione che, dopo le prese di posizione contrarie all’insegnamento del friulano per un’ora alla settimana, prese di posizione di singoli politici e sindacalisti, di destra e di sinistra, i nostri parlamentari non abbiano assunto nei confronti del Governo iniziative adeguate a difesa di un elementare diritto».
«È - ha aggiunto D’Aronco - che i friulani chiedono sempre troppo poco e non alzano la voce. Ci attendiamo ora che la Regione, in primis con il Presidente Illy, già personalmente e direttamente impegnato in argomento, si muova con la decisione necessaria per salvaguardare una legge, in armonia con quanto realizzato ormai in tutta Europa a favore delle lingue minoritarie».
Parla di «fatto molto grave», Renzo Pascolat, del Comitato per il rilancio dell’autonomia friulana, «ed è un gran peccato che a fare questo sia stato un governo di centrosinistra. Le responsabilità locali sono forti, soprattutto a carico di parlamentari del Pd come Alessandro Maran».
La cosa è accaduta - ha ragionato Pascolat - «perché la compagine parlamentare non si è mossa con la dovuta chiarezza. Anzi, ha remato contro. Ci attendiamo che la Regione, con il testa il presidente della Regione, Riccardo Illy, decida di resistere».
Una decisione che rappresenta «un gravissimo danno per il Friuli e per i friulani», nel giudizio di Lorenzo Pelizzo, presidente della Filologica Friulana. «Come presidente della Filologica - ha commentato Pelizzo - esprimo dispiacere e disappunto. Dopo la caduta del Governo, del Parlamento e dopo le dimissioni del presidente della Regione, Riccardo Illy, tutto l'iter procedurale per l'applicazione viene messo in discussione e quello che finora è stato fatto viene “stoppato”».
«Capisco che alcune forze politiche possano aver nutrito delle perplessità, ma mi dispiace che anche dei parlamentari regionali abbiano messo in evidenza le loro contrarietà».
«I friulani - ha concluso amaro - sono molto capaci nel farsi i dispetti, e questo è il risultato».
Dut câs, plui o pensi a ce che al è sucedût e a lis reazions e plui mi convinç di une robe. Une leç nassude chi par difindi un aspiet fondamentâl e je stade bandonade a Rome, li che al conte plui il pês di un singul che il pês di un grup. O cîr di sclarî il concet. In regjon e je une maiorance di centriçampe. In teorie e varès di jessi stade une cierte sintonie cul guvier di Rome. Invezit une vôs fûr dal coro come chê di Alessandro Maran (cjale câs, un DS che al semee che al vedi une cierte influence a Rome) e je rivade a fâ passâ la sô linie. E cussì il guvier roman di centriçampe al impugne une leç che e tutele un dai aspiets plui carateristics (jo o disarès fondamentâl, ma o ven acusât di jessi un estremist, alore o dopri un tiermin plui soft) de nestre regjon. E la dirigjence politiche dal centridrete regjonâl (cu la esclusion de Lega Nord che si è incazade) ce fasie? La dirigjence politiche dal centridrete regjonâl e fâs fieste par un proviodiment dal guvier di centriçampe aromai moribont, che al impugne une leç dopo che il PRODE ROMANO al è za stât defenestrât... scusait ma o ai resonât tant su chest passaç e no rivi a dâmi une motivazion che no sedi chê dal prof. D'Aronco: chi no si alce avonde la vôs e i furlans a van ben par jessi prins tal dâ sanc, ma cuant che a àn di vê alc, si fâs di dut par gjavâial.
E se Antonaz e Illy a disin che a fasaran ricors, vuê Tesini al declare su la stampe che al è daûr a valutâ cui uficis la pussibilitât di tornâ a puartâ la leç in aule par corezi i articui contestâts. Robis di mats!
BIEL ARTICUL DI WILLIAM CISILINO SUL PORTÂL wwwLENGHEnet.
Ve chi l'intervent che al conferme che la impugnazion dal guvier tant festegjade dai opositôrs de leç regjonâl, sedi al centridrete sedi al centriçampe, e je dome une posizion fondade suntune ideologjie antifurlane e no su motivazions tecnichis juridichis.
Parcè che il guvier al fale
di William Cisilino
Dopo l’impugnazione da parte del Governo centrale della nuova legge regionale sul friulano, il Presidente della Regione, Riccardo Illy, ha chiesto a Palazzo Chigi di recedere del tutto da tale decisione oppure, in subordine, di impugnarne solo alcune parti. Comunque sia, credo che la legge sul friulano sia pienamente conforme alla Costituzione e allo Statuto di autonomia e nelle righe che seguono cercherò di spiegare brevemente il perché.
L'ERÔR DI FONDE
Innanzitutto l’impugnativa contiene un errore di fondo: considera, cioè, come parametro unico di costituzionalità la legge 482/99, quasi come fosse una legge costituzionale, con la scusa che “è attuativa dell’art. 6 della Costituzione”. In realtà la Corte Costituzionale ha più volte ribadito, a partire dal 1983, che la tutela delle minoranze linguistiche non costituisce una materia in sé, bensì un principio che tutti i soggetti pubblici devono rispettare nell’esercizio delle proprie competenze. Ciò significa che la legge 482 costituisce sì norma di principio per la legislazione concorrente, ma non può prevedere alcun vincolo per le materie di esclusiva competenza regionale (come ad esempio l’ordinamento degli enti locali). A ciò va aggiunta una precisazione importantissima: l’art. 18 della legge 482 prevede esplicitamente la prevalenza delle leggi approvate dalle Regioni a Statuto speciale sulla stessa 482, tant’è che le norme della 482 si applicano “solo” se non è prevista una normativa da parte della Regione. Prendendo in considerazione i singoli motivi di ricorso si capirà meglio cosa si intende.
LA TERITORIALITÂT
Il Governo, ad esempio, contesta l’estensione della tutela fuori del territorio delimitato perché violerebbe l’art. 9 della 482/99, ma tale articolo può vincolare le amministrazioni dello Stato, non gli enti locali, su cui la nostra Regione legifera con pieni poteri. Lo stesso dicasi per quanto riguarda le modalità di regolamentazione dell’uso del friulano nei Consigli comunali (qui con l’aggravante che la legge regionale prevede sempre specifiche garanzie per chi non comprende il friulano).
LA TOPONOMASTICHE
Anche il rilievo sulla toponomastica non regge: con la modifica del Titolo V della Costituzione tale materia è diventata competenza esclusiva delle Regioni. In più va sottolineato che già il D.Lgs. 267/2000 ha attribuito ai consigli comunali piena potestà sulla scelta dei toponimi: la legge sul friulano non ha fatto altro che prenderne atto. Peraltro, sin dai tempi dell’unità d’Italia, esistono per lo Stato centinaia di toponimi ufficiali solo in friulano (Teor, Nimis, Talmassons…).
LA SCUELE
Infine, la scuola: qui l’impugnativa si rivela una vera “cantonata”, come ha affermato l’assessore Antonaz. Da un lato, infatti, il decreto attuativo dello Statuto (223/2002) dà alla Regione specifici poteri di coordinamento per l’insegnamento del friulano; dall’altro proprio il Governo centrale, alla fine del 2005, ha attribuito alle Regioni una potestà di indirizzo sul 20% del curricolo scolastico. Anche la questione del silenzio-assenso dei genitori va ridimensionata: in realtà si tratta di un ben più moderato “dissenso informato” che addirittura offre alle famiglie più garanzie della stessa 482/99, introducendo una “idonea informazione ai genitori” da quest’ultima non prevista. In qualche modo la Regione ha voluto solo semplificare il procedimento sulle adesioni, visto che il 70% dei genitori (dati 2006/2007) già sceglie il friulano.
Biele rasegne stampe, le learai mior cun calme ma i tignaress a save ce che tu pensis dai toi colegas di partit unic?
Setu inmo convint di gambia alc dal di dentri o statu tal cjaldut a viodi ce che al suciedarà?
Parceche al chest il to partit chest nomo?
Thermo, al è cualchi dì che tu cjapis une buse daûr di chê altre... ce ti sucedial?
Chel che tu segnalis tu nol è e non sarà il gno partît.
E ancje sul partît unic o ai cualchi pinsîr: prin di dut o volarès capî il passaç programatic. Il passaç politic che al è stât dit al è: metìns insiemit par semplificâ il cuadri politic. Ma se si à di condividi un percors, si à di frontâ cualchi pont di fonde stabil. Jo chest no lu ai sintût... forsit al è stât dit, ma mi à di jessi scjampât il parcè. Lu riten plui coerent il discors che e à fat la Lega, che si è federade (a nivel di elezions politichis) mantignint i siei ponts programatics.
La mê decision di jentrâ tal Pdl e dipendarà ancje di un resonament che si volarà fâ (o no fâ, ma no par cause mê) ancje su chestis tematichis.
Dut câs, fevelant dal link che tu âs fat tu, no mi viôt sentât ni dongje Ciani, ni dongje Menia. Ma tant al è un probleme che no si pon parcè che dal sigûr no soi candidât par lâ in regjon.
Sul MV
SABATO, 16 FEBBRAIO 2008
Pagina 1 - Prima Pagina
Così vince la casta della finta “furlanidad”
PERCHÉ NO
di PAOLO RUMIZ
Vincerà il friulese, ve lo dico io. Vincerà una fotocopia sbiadita, unificata e morta della lingua vera. Vinceranno gli arcigni codificatori, i puristi, contro il friulano autentico, che è un arcipelago di parlate diverse. Vinceranno i politici, quelli che calpestano le radici in tempo di appalti cementizi, e la esaltano in tempo di elezioni. Vincerà soprattutto il mai domo centralismo udinese sul resto del Friuli. I poteri forti sulla gente. Il Globale sul Locale.
Esattamente il contrario di ciò che si millanta di volere.
Ho sul mio comodino “Maa Onda”, di Ida Vallerugo, superba raccolta di poesie nella parlata di Meduno. Non riesco a immaginare l’assessore regionale alla cultura Roberto Antonaz, mitico “compagno dalla A alla Z”, leggere quei testi con la dovuta commozione. Non riesco a immaginare nessuno dei politici promotori della legge sul friulano provare la dovuta insostenibile tenerezza di fronte a versi come (mi perdonerete l’assenza di circonflessi): “Rigina andina, par te / a na svuala pì in larchis calmus girs il condor...”. Regina andina, per te più non vola in larghi e calmi giri il condor.
Ho imparato a fidarmi del mio fiuto. E il mio fiuto mi dice che ai promotori di questa legge non importa un bel niente del Friuli. Importa invece della sua sopravvivenza come Casta, quella con la C maiuscola. Serve a impedire che l’opposizione avvii una campagna elettorale “etnica”, una chiamata alle armi basata sulla friulanità, contro un presidente triestino. Punto e basta. Che questa legge eriga nuovi steccati dopo la caduta del vecchio confine di Stato, pare non importi. Ai “visitors” non importa lo sconcerto che questa genialata semina nel popolo della sinistra. Siamo di fronte a una strana classe politica. Finge di ascoltare gli esperti e poi gli ignora. Chiede pareri al massimo livello sulla Ferriera di Trieste (impianto con diossina a livelli omicidi in una delle zone più urbanizzate del capoluogo) e poi li secreta, fregandosene dell’allarme civile, perché lo stabilimento continui a vomitare veleno. Imbastisce un ufficio – Agenda 21 – per cercare il consenso alle scelte territoriali e poi non accetta nessun suggerimento, salvo a decidere devastanti sghiaiamenti dei fiumi non consigliati da nessuno.
Col friulano non è poi tanto diverso. Qualche anno fa – governava la Destra - si chiese agli allievi e alle famiglie, scuola per scuola, se erano d’accordo sull’introduzione della lingua locale nei corsi. Il risultato del sondaggio non venne mai reso noto perché fu deludente. Oggi si fa la stessa cosa: si chiede alle famiglie di esprimere la loro eventuale contrarietà, non il loro eventuale favore. Si sa che, nella seconda ipotesi, le adesioni sarebbero sicuramente minori, e la legge sarebbe sbugiardata al primo collaudo.
Pochi hanno coraggio di dire no. L’astuzia dell’operazione è tutta qui. Chi rema contro viene tacciato di antipatriottismo friulano e così il dibattito muore sul nascere. Ma vivaddio, come si fa a non capire che è uno specchietto per le allodole? È così evidente: con una mano ti costruisco cementifici, privatizzo la sanità e ti rapino milioni di metri cubi di ghiaia dal paesaggio, con l’altra ti consento di lamentartene nella tua lingua. I treni continueranno a fare schifo, ma alla stazione di Udine – o Trieste non importa – i ritardi potranno essere annunciati in friulano. Vuoi mettere la differenza. Un salto epocale. Come se in Campania, anziché risolvere l’emergenza immondizie si attaccassero cartelli in napoletano (lingua altrettanto nobile, o no?) sui cassonetti o sulle discariche. Una furbata: e davvero non riesco a capire di come il giochetto non appaia chiaro. Un’operazione insincera, calata dall’alto, che serve ad alzare steccati e non a rafforzare un’identità in bilico. La vittoria del “friulese” - e della “furlanidad” propinata a palate da alcuni bardi di corte - che non ha niente a che fare con la dolce lingua di mio padre.
Dov’era la Curia quando il compianto pre Toni Beline – geniale traduttore della Bibbia in friulano – faticava a far quadrare i conti della sua parrocchia di Basagliapenta? Non c’era. Che facevano i politici nel tempo in cui Gilberto Pressacco traduceva dall’aramaico nel suo eremo di Montenars? Lo prendevano per matto. E oggi chi aiuta la “Cjase dai predis” di Luincis nella Carnia profonda, dove due preti indomiti resistono sotto il vessillo del verbo aquileiese, assieme a una comunità dimenticata dal Centro? Nessuno.
Oh sì. Gli oligarchi che da sempre lasciano il territorio senza risposte ci daranno il nostro agognato friulano. Ma intanto il Friuli sparirà, travolto da viadotti, supermercati, materialismo, speculazioni edilizie, inquinamento, elettrodotti. Sparirà la montagna, ultimo forziere di risorse pulite, cui il Centro – come ovunque in Italia – porta via i fiumi, la terra, la pietra, persino il vento, e poi ciò che resta degli abitanti. Alla Casta la lingua serve come sedativo per gli arrabbiati e come lifting per le operazioni di potere. Ma non c’entra niente con l’anima.
Prima che questo disgraziato paese di nome Italia cominciasse a urlare contro i romeni, gli islamici o gli albanesi, una ventina d’anni fa un signore a Belgrado – tale Slobodan Milosevic – decise che era venuto il tempo di dare al suo popolo (serbo) un po’ di orgoglio nazionale. Il paese era in bancarotta, ma la serbità andava distribuita senza risparmio. Un giornale locale pubblicò una vignetta cui penso spesso, oggi in Italia. Si vede un bambino a tavola davanti al piatto vuoto. Chiede al papà: che c’è oggi per cena? Risposta: una scorpacciata di patriottismo. Sappiamo tutti come è andata a finire.
E CHI UNE BIELE RISPUESTE AL INTERVENT CHI PARSORE
Lettera a Paolo Rumiz: fra Gemeischaft e Gesellschaft
di Guglielmo Pitzalis
Ho letto d'un fiato l'intervento di Paolo Rumiz sulla "furlanidad" con rabbia e con delusione; questa volta Rumiz , di cui dagli anni della guerra balcanica leggo libri e poi reportage su Repubblica, parla "ex-cathedra": lui, inviato speciale attento e curioso, questa volta non ha nulla da raccontare: non ha girovagato nè per le scuole nè per i paesi del Friuli per raccogliere sentimenti e testimonianze, non ha parlato con le maestre che da anni fanno crescere bambini (del friuli e del mondo) in un ambiente plurilingue, proprio partendo dalla lingua friulana o slovena; ha infilato una lunga serie di affermazioni sentenziose, accompagnate da finte notizie come quando insinua che ci sia stato un sondaggio tenuto nascosto: forse Rumiz non sa, e allora faceva meglio ad informarsi bene, che l'opzione in occasione della prima applicazione della 482/99 fu un atto ufficiale cui fu data ampia pubblicità: una piccola ricerca d'archivio avrebbe fugato ogni suo dubbio; ha persino confuso don Gilberto Pressacco con don Francesco Placereani, cui, per altro, ha attribuito uno stereotipo del tutto falso: Pre Checo , mio insegnante di religione allo Stellini e docente di filosofia, non viveva in nessun eremo : era uomo e prete che conosceva uomini e preti: aveva girato il mondo, faceva politica, cortei e comizi; e citare il nome di Pre Toni Bellina mi pare questa volta proprio un maldestro tentativo di strumentale sentimentalismo (per riparazione, consiglierei a Rumiz di leggersi di Antoni Beline"une Scuele pai furlans" edizions di Glesie Furlane, Lui 2007).
Sono amareggiato dalla gratuità di alcune affermazioni : perchè nessuno, salvo lo stesso Rumiz, dovrebbe commuoversi davanti ai versi di Ida Vallerugo (o di Federico Tavan o di Pier Paolo Pasolini o di Giorgio Ferigo )?
Rumiz illustra e rimpiange anche lui una arcadia friulana che non c'è e forse non c'è mai stata; immagina la purezza dei primitivi contaminata dalla cultura del leggere e scrivere: se non si insegnasse l'italiano standard nelle scuole nessuno potrebbe godere nemmeno l'italiano arcaico della Divina Commedia di Dante; allora perchè dovremmo lasciare a pochi "eletti" intellettuali archeologi la possibilità di commuoversi davanti ai versi di un poeta friulano ?
Su una cosa sola concordo con Rumiz: certamente questa legge concorre ad evitare che la "questione friulana" come la chiamavano Pre Toni, Pre Checo e Pre Gjlberto, diventi una questione etnica nelle mani della destra leghista e reazionaria, nazionalista e antislovena; caro Rumiz proprio a lei, che conosce bene la storia dei nazionalismi, questa pare poca cosa ?
Perchè sarebbe giusto che la sinistra difendesse, come grazie a Dio difende, i diritti linguistici dei curdi, dei palestinesi, degli sloveni ma se invece difende i diritti dei friulani improvvisamente si evocano scenari balcanici, steccati e confini, stereotipi e fantasmi che non hanno riscontro nella vita quotidiana di moltissimi friulani che parlano friulano nella loro vita pubblica e privata e adoperano il friulano a scuola e nel lavoro e sono cittadini del mondo (io sono figlio di un sardo e lavoro ogni giorno con friulani d'ogni età e con immigrati d'ogni parte del mondo) ; forse Paolo Rumiz non ascolta mai Radio Onde Furlane "la radio libare dai furlans" nel cui palinsesto troverebbe una smentita clamorosa a gran parte delle sue affermazioni e alle insinuazioni finali che vergognosamente suggeriscono una similitudine fra chi si impegna per il plurilingusimo regionale in Friuli e il nazionalismo di Milossevic: bruttissimo segno se un giornalista come Rumiz deve ricorrere, per darsi ragione, a questi " trucchi del mestiere" !. Rumiz sa bene ( e se non la sa venga a vedere, faccia un piccolo reportage in bicicletta o in topolino in giro per il Friuli dalla Livenza al Timavo in un qualsiasi normale giorno feriale) che dal comitato 482 su fino al presidente Illy nessuno urla contro gli islamici o i romeni o gli albanesi: questa "casta" regionale ( ma che delusione Rumiz che ricorre agli stereotipi e coltiva i pregiudizi) che ha fatto le leggi sulla lingua friulana e slovena è proprio la stessa che ha fatta la legge regionale sull'immigrazione e il relativo piano triennale : io, caro Rumiz, credo che non sia un caso: in Friuli, magari a sua insaputa - e me ne dispiace_ c'è un sacco di gente che quotidianamente si sporca le mani ( così come faceva nei campi profughi della Croazia e della Bosnia) per costruire, non senza difficoltà e con umane contraddizioni, il Friuli che verrà, coltivando concretamente la speranza che questa terra e queste genti, partendo dal riconoscimento e dalla valorizzaione delle multiple comunità linguistiche storiche ( friulana, slovena, tedesca e italiana) saranno capaci di "includere" con rispetto i nuovi arrivati che magari traduranno in friulano i versetti del corano o qualche poeta wolof o akan o twi o telugu.
p.s.
note biografiche su Guglielmo Pitzalis
nato nel 1949, di padre sardo e di madre friulana, medico di sanità pubblica, tisiologo e igienista,
lavora alla s.o.s di medicina sociale del dipartimento di prevenzione della azienda sanitaria del medio friuli.
referente per la medicina delle migrazioni è anche curatore di progetti di educazione sanitaria in lingua friulana.
ha lavorato per "int di pâs" e da molti anni lavora nella associazion culturâl "el tomât" di Buie.
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