O ai let cun plasê l'articul di Massimo Blasoni (te foto) a proposit de lenghe furlane sul Messaggero di vuê. Par furtune, in Forza Italia a son ancje personis che no le pensin come Asquini.
Compliments a Blasoni e grazie: biel intervent che us met come prin coment.
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AUTONOMISTE. Furlans alternatîfs al mûr de indiference e de rassegnazion /
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GIOVEDÌ, 09 AGOSTO 2007
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IL DIBATTITO SUL FRIULANO A SCUOLA UN PASSO AVANTI
di MASSIMO BLASONI
Non è un caso che il dibattito sulla legge di tutela e valorizzazione della lingua friulana abbia messo in evidenza una forte diversità di opinioni anche interna agli stessi partiti e una trasversalità che tiene conto di fattori diversi da quelli strettamente politici. Ci sono, infatti, fieri sostenitori della marilenghe sia a destra sia a sinistra, così come moltissimi esponenti di partiti solitamente distanti fra loro sono accomunati dalla contrarietà a una norma di tutela del patrimonio linguistico della nostra regione.
A rilevare è certamente la provenienza geografica: i friulani, generalmente, guardano positivamente a una legge a favore della loro lingua, mentre, viceversa, i giuliani sembrano più tiepidi a riguardo. Ma non è l’unico dato che emerge. Diversi friulani hanno mostrato una forte contrarietà all’insegnamento a scuola del friulano, così come triestini illustri si sono apertamente schierati a favore. Il discrimine, quindi, non è soltanto di natura geografica, ma anche, e soprattutto, di carattere culturale.
Le dichiarazioni del presidente Illy a favore del friulano a scuola sono un fatto di cui non possiamo non tener conto: se da una parte, come molti hanno fatto notare, la tempistica e le modalità dell’annuncio fanno pensare a una mossa elettorale, dall’altra dobbiamo dare atto a Illy di aver avuto il coraggio di prendere una posizione chiara in merito a un tema decisamente delicato.
La politica, come spesso accade, ha il compito di conciliare posizioni diverse e di elaborare soluzioni scevre da ogni radicalismo: tra chi vorrebbe il friulano obbligatorio per tutte le materie e chi, invece, non lo vorrebbe proprio occorre trovare una mediazione che privilegi innanzi tutto il buon senso. Evitare gli eccessi, quindi, rispettando i legittimi diritti di ognuno.
È proprio da questo punto che bisogna partire: dal rispetto dei diritti e dal principio di libertà. Si tratti di opzione diretta (in cui richiedo di avvalermi dell’insegnamento della lingua) o di opzione inversa (in cui l’insegnamento è previsto e debbo esplicitare un eventuale dissenso), ciò che rileva è che le famiglie abbiano la possibilità di scegliere e non si vedano imposto alcunché. La differenza fra le due possibilità sopra citate mi pare minima, poiché sempre di scelta si tratta, anche se con sfumature diverse.
Non sarei d’accordo, quindi, con un’impostazione che vedesse l’insegnamento veicolare in friulano obbligatorio per tutti, passando sopra la libertà di chi il friulano non lo vuol usare, ma, fatta salva la libertà di scegliere dei singoli, il problema diventa un altro. È giusto o no sostenere la tutela e la valorizzazione della lingua friulana?
Credo di sì. Non tanto perché basti una legge per salvaguardare l’uso di un idioma o perché le culture si possano promuovere per decreto, quanto perché quello che molti continuano a ritenere un “dialetto povero” è a tutti gli effetti riconosciuto come una lingua propria di un popolo, quello friulano, che ha le sue tradizioni, ha la sua cultura e ha una sua storia. Si tratta di un bagaglio che non possiamo derubricare a semplice “cultura minore”, ma che dobbiamo riconoscere con una sua dignità autonoma, che può e dev’essere valorizzata anche attraverso l’insegnamento scolastico.
L’obiezione che vorrebbe negare questa dignità su basi prettamente utilitaristiche (“il friulano non serve a niente”) mi sembra da un lato infondata e dall’altro pericolosa. Quante delle materie che s’insegnano oggi a scuola hanno un’utilità immediata rilevante? Per molti di noi non ha trovato applicazione pratica nella vita quotidiana almeno il 50% di quanto imparato sui banchi di scuola: è stato così per il latino, l’educazione musicale, la storia dell’arte o le funzioni matematiche più complesse. Non mi sembra in ogni caso una buona ragione per escluderli dall’insegnamento. L’obiettivo dell’istruzione scolastica, soprattutto quella del primo ciclo, dovrebbe essere quello di sviluppare le capacità cognitive dei singoli, d’incentivarne la predisposizione all’apprendimento e al confronto. Inserita in questo contesto, la possibilità di apprendere una lingua locale mi pare indubbio strumento di arricchimento ed è corrispondente a quell’ideale di “Europa plurilingue” disegnato dalla Costituzione europea e rafforzato dalle risoluzioni del Parlamento europeo e dalla Carta europea delle lingue minoritarie. Occorre, oltretutto, chiarire che appare fuorviante la dicotomia, su cui insistono in molti, fra inglese e friulano: non si tratta, qui, di penalizzare l’insegnamento della lingua straniera per favorire l’apprendimento di quella locale. Si tratta, semmai, di fornire i nostri giovani di uno strumento culturale e linguistico ulteriore rispetto a quelli già esistenti. Uno strumento che, a differenza di inglese e tedesco, trova le sue radici nella terra in cui viviamo.
Promuovere un’identità culturale, anche attraverso la valorizzazione linguistica, non è né sinonimo di chiusura né tantomeno sintomo di un arroccamento su posizioni anacronistiche. Prendiamo l’esempio di Barcellona, metropoli internazionale e simbolo di modernità. Stiamo parlando della capitale di una terra, la Catalogna, in cui la valorizzazione della lingua locale è realtà già da tempo. Nessuno si sognerebbe, oggi, di dirci che Barcellona è una città chiusa in se stessa o antiquata. Lo stesso discorso potrebbe essere esteso ad altre regioni plurilingui come l’Irlanda o il Galles.
Riguardo agli eventuali costi di una valorizzazione di questo tipo, non capisco perché troviamo normale spendere 4,2 milioni di euro per finanziare 47 associazioni d’immigrati e poi palesiamo resistenze quando si tratta d’impiegare risorse per la promozione e la tutela della nostra cultura. Il rischio che corriamo è quello d’incentivare ossessivamente tutto quanto riguarda il multiculturalismo e, in una sorta di razzismo alla rovescia, di penalizzare tutto ciò che è locale.
Non nascondo, certamente, che il disegno di legge uscito dal comitato ristretto presenti più di qualche zona d’ombra.
Innanzi tutto, e per chi scrive è questione dirimente, manca del tutto l’insegnamento della cultura, accanto a quello della lingua. Il mero apprendimento del friulano, senza un adeguato supporto culturale, rischia di essere sterile. Ha ben poco senso, infatti, lo studio di una lingua estraniata dal contesto in cui si esplica. Questa legge sulla valorizzazione del friulano nelle scuole mi sembra un’ottima occasione per rivisitare la legge 15 sulla cultura friulana; una legge che ha ormai più di dieci anni e che merita un ammodernamento.
L’uso veicolare per l’insegnamento delle altre materie, poi, è tutto da chiarire, soprattutto alla luce del mancato accordo in comitato ristretto, su quale sia la sua effettiva portata. Così come rimangono troppo penalizzate dal testo di legge il ruolo dell’università di Udine, valorizzata poco in relazione alla funzione formativa degli insegnanti, e quello delle associazioni; non è soltanto la scuola, infatti, che può incentivare l’uso della lingua.
Per quel che mi riguarda, ma le posizioni in Forza Italia sono più d’una, salvaguardata la libertà dei singoli credo che occorra fare un passo in avanti per la tutela del friulano.
Senza enfasi, tuttavia nella consapevolezza che lingua e cultura sono elementi identitari troppo rilevanti per essere dispersi in un multiculturalismo militante.
Consigliere regionale Forza Italia
membro del Comitato ristretto
per la legge sul friulano
Brâf Massimo Blasoni, soredut par vê puartât in alt il nivel de discussion: ce che mi à plasût al è il riferiment ae concezion di scuele, che e à di jessi un lûc par une formazion plui gjenerâl e no un puest li che si impare dome ce che ti covente pal doman. Soredut tal prin cicli i arlêfs a àn di jessi metûts in stât di costruîsi un "biel cjâf": viert, elastic e pront a informazions diviersis. Une formazion plurilengâl dal sigûr e permet un disvilup di chest aspiet. E mi son plasûts ancje i riferiments internazionâi.
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