02 maggio 2006

1976-2006: 30 agns dal Orcolat

Cheste e je la setemane dai 6 di Mai: sabide a saran 30 agns che la tiere e à scjassât, fasint gambiâ muse a dut il Friûl. Culì o ai voie di ricuardâ cun chei che a jerin, chê pagjine dolorose chê e à fat vaî tantis personis, ma che nus à fat cognossi ancje trop ben che e pues vê e pandi la buine int par judâ chei altris.
O aprofit ancje par saludâ un gno amì che nol è plui, ma che o ai vût mût di cognossi dopo tancj agns che al jere rivât pe prime volte di Traversetolo a Maian propit in chei agns. Al tornave simpri ogni an. E a Maian al sarès tornât ancje cheste volte, se masse adore il destin no lu ves puartât vie lui.
Mandi Armando, no tu jeris Furlan, ma tu âs volût ben al Friûl e ai Furlans, insegnantnus tant. Grazie

(ps: altris fotografiis a son su www.natisone.it che o ringrazii)

11 commenti:

Christian Romanini ha detto...

Par mê furtune no ai scugnût cognossi il Taramot (o soi de classe dal 77). Mi sint però di vê agrât ducj chei che mi àn permetût di cressi intun Friûl che cun braure al à fat di dut par resurî. E o pensi che lu vedi fat benon, stant che in dute la mê vite no ai mai patît par chel montafin.
Prin di dut grazie ae mê famee!

Christian Romanini ha detto...

Cui mi saial dî di ce bande che e je fate la fotografie cul palaç? No rivi a capî nancje ce ostarie che e je...
Grazie

Christian Romanini ha detto...

Mandi Manu
grazie pe precisazion: cumò che tu mi âs dit in efiets mi orienti ancje jo.
Dulà jeristu in chê sere dai 6 di Mai dal 1976?

Christian Romanini ha detto...

mandi manu
grazie pes tôs peraulis e no tu âs di scusâti: chi no si è intun lûc li che un al ven judicât, chest al è un puest dulâ discori di tantis robis in dute libertât, cence tantis formalitâts.
Inmò grazie pal to ricuart e o soi convint che tancj si son inmedesimâts in ce che tu âs scrit.
Al sarès interessant meti adun plui vôs su chê sere di 30 agns indaûr.

Christian Romanini ha detto...

mandi Cuç. Grazie pe to testemoneance. Sperìn che almancul cumò Angelino e Agostino a vedin vude la pussibilitât di saludâsi dopo tant timp.

Donatella ha detto...

Mandi Christian,
o soi simpri a fati viodi alc :o)
O vevi voe di mostraus le cartuline che o ai fat pal aniversari, che forsite tu varas ancje za vedut tal calendari...
http://www.bumagaservice.com/terremoto/terr30.jpg
O volevi ancje diti che dome par cas o ai savut dal annullo postal di doman in municipi (che o fasarai proprite meti su chestes chì). Tu savevistu alc in merit? Mi displas une vore che quant che al sucet alc di biel a Majan no si sa mai nie. El sito uficial par ce isal fat, dome pai modui di compilà? Io se nol ere par cheste me amie che 'e a une asociazion e mi a dite ancje dal invit aes cerimonies ch'e veve cjapat o sares colade dai nui. Come che el comun al a mandat par dutes les cjases un sfuei par domandà se si veve el puest par ospità i amis di Traversetolo si podeve mandalu compaign par dì des cerimonies. Jo no soi une che 'e fas polemiche, nol è tal me caratar, però mi displas parce che so saves certes robes o podares ancje partecipà di pui in dut. No soi une che 'e frequente i bars o atris ambiens par sei informade cui avis e se sul sito e fos une pagjine ancje apueste par ches robes chi no saresial mior? O viot tancj sitos di atris comuns che 'e son pui ninins, fas mior e pui informas dal nestri. Mi displas dilu, ma posto che 'e sin tai timps di internet che un al po fa ancje le spese stant a cjase so, al sares el cas di dasi une sveade ancje lì :o(
Maman!
Donatella

Donatella ha detto...

In merit al teremot nancje jo o pues di tant... O soi de fin dal 75 e o vevi pos mes quant che jè sucedude... Però o pues dì a Manu che jo mai mi insumiares di ridi denant a me mari che e a sufrit. El teremot e jè une robe natural, però no pensino a chei che e an pierdut i afies (di bant le cjase, che si po tornà a costruì, ma i afies no)? No par furtune no vin vut muars in famee, le cjase dai mei nonos che e stavin ancjemò in France a vore e a tignut avonde ben. Però distes no mi smentearai de scose de Pasche dal 98. Lì o ai vude pore ancje io. El nestri visinant nus a dite che le al a vedut le nestre cjase movisi lant su e jù. E no lu smentearai mai ancje se nol è di paragonà cun chel dal 76. Dopo us metarai ce che mi a dite me mari di che gnot.
Mandi!

Donatella ha detto...

Chel chì al e ce che me mari e a ulut contaus sul teremot. No a ulut scrivilu par furlan parce che e spere che ancje qualchidun che nol sa el furlan al podi leilu.


Succede che ci si svegli con in testa una canzone, che ti bombarda insistentemente, anche se vorresti pensare ad altro. Quel giorno mi risuonavano in testa le parole della canzone di Sergio Endrigo “la tartaruga”. Giuro che da quella sera ogni volta che sento quella canzone alla radio o in TV cambio sempre canale o emittente e se mi torna in mente cerco in tutti i modi di distogliere il pensiero da quel canto mentre i ricordi di quella giornata sono rimasti impressi indelebilmente nella mia mente
Da due giorni la temperatura si era improvvisamente elevata e ricordo anche di aver riposto i vestiti invernali e di aver indossato un vestito estivo, azzurro con delle margherite bianche.
Alla sera verso le otto e mezza era venuto mio cugino Roberto per accordarsi con mio marito per l’impianto della luce che doveva realizzare in quello che sarebbe diventato il lavoratorio. Purtroppo mio marito non c’era e rimanemmo d’accordo che sarebbe tornato un altro giorno. Mentre aspettavo mio marito, mi misi a cucire una gonna di crepe verde chiaro. In cucina con me c’era Donatella nella carrozzina, con un bel coprifasce bianco a disegnini rossi e blu che le avevo appena confezionato. Stranamente in casa non c’era la nostra gatta. Improvvisamente sentii la sedia traballare: era la prima scossa. Non sapevo nulla di terremoti: pensai che fosse finita li e che il giorno seguente avrei scritto ai miei genitori di questo fatto (loro abitavano ancora in Francia dove erano emigrati per lavoro e io sposandomi ero ritornata nel loro paese di nascita; allora i telefoni non erano ancora molto usati e così ci scrivevamo lettere). Non feci nemmeno in tempo a concludere il mio pensiero che sentii un forte rumore in contemporanea con la sedia che andava di qua e di la e sobbalzava e mi ritrovai per terra sotto alla macchina per cucire, mentre la luce spariva e sentivo il rumore di cose che si rompevano e questo per un tempo interminabile. Ricordo solo di aver detto. “Dio mio! No! Ho una bambina piccola!” Finalmente la terra cessò di tremare e mi rialzai per cercare mia figlia; ero convinta che la carrozzina si fosse ribaltata e che lei fosse finita chissà dove; non sentendola piangere pensai addirittura al peggio. Dovetti andare a tentoni perché avevo perso l’orientamento come se la casa fosse girata su se stessa. Finalmente riuscii a capire in che angolo della casa ero finita, aprii il portoncino per fare un po’ di luce e, grazie a Dio, vidi che la carrozzina era al suo posto e Donatella che sorrideva tutta tranquilla e beata. Riuscii a portare nel cortile la carrozzina e mentre uscivo dalla casa, notai che nel cortile stavano confluendo gli abitanti del borgo. Portai fuori la macchina dal garage e sistemai Donatella sul sedile posteriore. Nonostante le proteste dei vicini decisi di tornare in casa per prendere un biberon, dello zucchero, l’acqua minerale e qualche omogeneizzato di frutta. Mi ero fidata ad entrare perché era tornata la gattina ed era andata in cucina. Poi lei sparì fuori di corsa miagolando verso di me, mentre stavo uscendo e in quel momento ci fu un’altra scossa. E’ vero che gli animali sentono queste cose!
Ora ero preoccupata perché mio marito non era ancora rientrato. Temevo che fosse andato da suo padre e che la casa fosse crollata. Ma finalmente qualche tempo dopo arrivò con la sua vespa e raccontò che aveva incrociato mio cugino Roberto, erano andati insieme in un bar e poi ognuno si era diretto verso casa propria. Aveva rischiato grosso perché mentre transitava, il campanile era caduto dietro di lui, poi aveva avuto difficoltà ad arrivare perché le strade erano piene di macerie. Roberto invece era appena entrato in casa quando era stato sorpreso dalla scossa. Lui si salvò, ma purtroppo sua madre no.
Si cominciava soltanto ad avere una vaga idea della dimensione del disastro quando iniziò a transitare una fila interminabile di automobili provenienti da Casasola e soprattutto da Buia, che trasportavano feriti e ci chiedevano di strade secondarie per raggiungere l’ospedale di San Daniele. E li che capimmo che la zona colpita era ben più vasta di quanto pensavamo. Ci dissero che Buia, Osoppo, Artegna, Gemona, Venzone erano distrutte.
Poi la paura faceva quasi impazzire le persone che, vedendo in cielo due luci fotoelettriche incrociate, credettero di vedere dei segni dell’aldilà.
Mio marito ed i miei cugini scesero verso il centro. I ragazzi cercarono di tirare fuori dalle macerie tre persone ma erano già morte. Mio marito andò da suo padre che andava a dormire presto e cercò di convincerlo a scendere. Ma non ci furono santi. Si seppe in seguito che al suo risveglio, aprendo la porta della camera sul poggiolo chiese: “La isal el toglât?” Ce isal succedût achi? E sotto le macerie del toglât era rimasto sepolto il cagnolino Riki.
La notte stessa passò un camion militare con dei viveri. Uno dei volontari vide che avevamo una bambina molto piccola e la domenica successiva tornò con mezzi propri a portare altri soccorsi. Noi tre passammo la notte nella 127. Ci furono molte scosse, alcune molto forti. Verso le cinque del mattino fummo svegliati dalla voce di don Giuseppe Ribis, che aveva trascorso tutta la notte a correre in bicicletta per le vie del paese. Vide che dal Riul (il fiumiciattolo che passa nella nostra zona) in su eravamo tutti vivi perciò se ne andò di corsa. Nella parte più a sud del borgo invece erano morte quattro persone.
Col sorgere del sole e nel silenzio impressionante che segue ogni catastrofe si cominciò a realizzare. E come tutti, anche noi andammo in casa a vedere: la casa non aveva crepe; nel tinello le ante del mobile si erano aperte rovesciando per terra tutto il loro contenuto: servizi di bicchieri, da caffè, piatti, coppe ecc… tutti i regali di nozze di solo due anni prima giacevano per terra in mille pezzi in uno strato di 20 centimetri di cocci.
Decisi di andare in camera perché ero preoccupata per una Madonnina di Lourdes di vetro che conteneva l’acqua benedetta, alla quale ero molto attaccata e che avevo riposto sopra un mobile-scrivania. Quel mobile era in uno degli angoli della stanza, ma la veemenza del sisma lo aveva spostato nel centro, dove aveva urtato contro il letto. Tutto quello che c’era sopra era caduto, ma la mia Madonnina era lassù, al suo posto. Se non è un miracolo, questo! Certo, che da’ da pensare.
Il 7 maggio venne a trovarci da Modena Padre Giacobbe Nespolo, che era stato missionario per diversi anni nel nord della Francia, dove eravamo noi. Poiché le linee telefoniche erano interrotte su larga area mi promise che quando arrivava dalle parti di Conegliano avrebbe telefonato alla ditta dove lavorava mio padre per rassicurare i miei che stavamo bene. Effettivamente lui telefonò la sera stessa, ma ad avvertire i miei andarono parecchi giorni dopo, quando ormai tramite altre vie, lo avevano già saputo.
Pochi giorni dopo riuscimmo ad avere il giornale. Venivano quotidianamente aggiornati i dati delle vittime e del decorso dell’assestamento. Li abbiamo conservati assieme ad altre pubblicazioni. Durante il giorno si seguiva il giornale radio di RadioEffe e ci si rincuorava un po’ con le canzoni di Dario Zampa. Ormai ci eravamo installati nel lavoratorio per mangiare e dormire e, visto il cattivo tempo, chi era in tenda o non aveva altro riparo, la sera veniva a dormirci. Eravamo una quindicina di persone circa. Nella piccola stalla abbiamo ospitato quattro mucche ed un cavallo rimasti anche loro senza alloggio, in attesa che venissero trasportati nella Bassa Friulana. Così fino al regalo di compleanno che madre natura mi fece il 15 settembre risvegliando tutti quei sentimenti di paura: ma quanto durerà? Successivamente tante famiglie furono sfollate a Lignano dove trascorsero l’inverno. Il primo inverno lo abbiamo passato in una roulotte nel nostro cortile. Poi ad uno dei vicini che era un ex-ferroviere fu assegnato un vagone e li abbiamo trascorso le notti del secondo inverno.
Da piccola trovavo strano che la mia vicina di casa sobbalzasse ogni qual volta passava una squadriglia di aerei in manovra e le dicevo: “La guerra è finita da 15 anni! Non c’è motivo di avere paura”. Oggi nonostante siano trascorsi trent’anni la paura non si è affievolita e temo ancora di entrare in un condominio o in una casa vecchia di anni. L’unica differenza è che si sa che la guerra è finita da decenni, ma la guerra con l’orcolat è diversa: non si sa quando attaccherà, si sa solo che non finirà mai.

Christian Romanini ha detto...

Ma se lis cjasis a son dutis tornadis a fâ sù, sino propite sigûrs che la ricostruzion intime, culturâl dal Friûl e dai Furlans e sedi finide?

Donatella ha detto...

Par Manu: ah, o ai capit ce che tu intindis, al è ancje chel che e dis simpri me mari... Però no sta crodi, a Pasche dal 98 o ai vude une pore di ches ancje jò :o(
O ai speseat a saltà fur tal curtil e par un an a di lunc mi vigneve pore se un mi spostave le cjedree ancje nome passant dongje, pensant che e fos un'atre scosse...
O soi ancje dacordo che e sin stas furtunas a riva a fa mior di qualchidun atri e lavorà e vè les cjases avonde subite... no sin stas a spetà sence movi el polear... ancje se par speseà bisugne dì che no dut al è vignut proprit benon... ce vino di fà, el furlan al è fat cussì, nol è bon di sta fer...

Donatella ha detto...

No, nancje un tic...
No ai voe di fà el solit discors gjeneralist, ma di ce che mi conte me pari di quant che al ere zovin a cumò... mi par che 'e son gambiades mase robes tal pais...



Ma se lis cjasis a son dutis tornadis a fâ sù, sino propite sigûrs che la ricostruzion intime, culturâl dal Friûl e dai Furlans e sedi finide?