Te Gnot Sante
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*Te Gnot Sante*
*Ti spieti Signôr*
*in cheste Gnot Sante*
*a scoltâ il dolôr*
*su lis stradis maled...
1 giorno fa
Prime ti ignorin, dopo ti ridin, dopo ti combatin. Dopo tu tu vincis! (Gandhi)
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DOMENICA, 25 FEBBRAIO 2007
Pagina 13 - Udine
«I miei anni in Nigeria con Lucio e Luciano»
Fausto Floreani di Majano ora è in pensione, ma ha lavorato con i due sequestrati
MAJANO. In queste ore, a temere per le sorti di Luciano Passarin e Lucio Moro, rapiti in Nigeria, è anche Fausto Floreani di Majano ex collega dei due tecnici friulani. Floreani, pensionato 66enne, già sindaco di Majano, ha lavorato in Nigeria con Passarin e Moro e si augura che vengano rilasciati al più presto.
«Sono rientrato in Friuli dalla Nigeria sei anni fa - testimonia Floreani - dopo avervi lavorato dal 1993 al '99 alle dipendenze della Impregilo che era presente con le due partecipate P.G.H. Joint Venture, specializzata nel costruire ponti, e Impresit Bakolori Pic. in lavori stradali, dighe, acquedotti. Ho lavorato per entrambe le società, ero dirigente amministrativo. Conobbi Passarin nell'attuale capitale Abuja, lui ha diretto i cantieri di Maiduguri (strade), Funtua (diga) e Calabar (acquedotto). Moro lo incontrai nel cantiere di Gombe (strade), dov'era topografo. Li ricordo come due bravi lavoratori, stimati da tutti, due esempi del friulano che va a lavorare all'estero. Quando ero là il progetto per la costruzione di 5 ponti ad Emohua subì una serie di interruzioni a causa delle irregolarità dei finanziamenti. Presumo che il rapimento sia avvenuto proprio alla ripresa di quel cantiere, nella regione del Rivers State. Già allora un'area a rischio».
Floreani ricorda che «dovemmo fare i conti con la ribellione della popolazione locale. L'area su cui avevamo allestito il cantiere era di proprietà del capovillaggio al quale dovevamo pagare l'affitto. Questi pretese di aumentarcelo e noi non accettammo. Il nostro no causò un accerchiamento del cantiere da parte della tribù locale armata di machete. Dovemmo far evacuare a Lagos i familiari limitando il personale straniero al minimo indispensabile e per uscirne incolumi chiedemmo l'intervento della polizia. Da un lato capisco simili reazioni delle persone del posto (l'etnia principale è quella Ibo cristiana mentre al nord vivono gli Hausa musulmani) esasperate dalla miseria in cui vivono mentre la loro terra è fonte di ricchezza per l'estrazione del petrolio che inquina i corsi d'acqua impedendo la pesca e l'agricoltura, importanti fonti di sostentamento. Come dirigente ho istruito dipendenti nigeriani, molto intelligenti e consapevoli dei propri diritti anche se poi venivano messi a tacere dalle dittature». Sui rischi per gli stranieri, Floreani spiega che «il nostro stipendio era strutturato su tre voci: c'era lo stipendio base, l'indennità di straordinario e l'indennità di disagio funzionale relativa al rischio che correvamo stando lì. Quest'indennità in Nigeria era la più alta rispetto ad altri paesi. Mi spostavo in macchina con un autista locale e un poliziotto armato. Potevamo essere assaliti e derubati, se non anche pugnalati. Invece i rapimenti non erano diffusi come adesso».
Raffaella Sialino
Une biele notizie: le ai apene savude
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