Vuê sul Gazzettino al è biel un intervent di William Cisilino, president dal Istitût ladin furlan, che al ricuarde Agnul di Spere (parint de colaboradore da La Patrie dal Friûl, Bete di Spere): lait tal prin coment.
Jo no lu ai cognossût di persone, ma inmò une volte o ai come la impression che al capite masse dispès che il Friûl nol cognossi avonde i siei fîs e si inacuarzi di ce che al à pierdût dome cuant che aromai al è masse tart.
Sabide passade e je stade ancje une cunvigne a Sedean in memorie di Agnul di Spere.
Dicembar 2024
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MINORANZE LINGUISTICHE
La lezione di Pittana il più appassionato degli "ambasciatori" del friulano
di William Cisilino
Martedì 13 Gennaio 2009,
Prima che Internet ci aprisse le porte al mondo, non erano molte le persone, in Friuli, a cui rivolgersi se si voleva approfondire con una certa serietà la questione delle minoranze linguistiche in Europa e, magari, instaurare con esse rapporti di collaborazione. Sicuramente Angelo Pittana – di cui si è commemorato, sabato scorso, il quarto anno dalla scomparsa grazie ad un convegno svoltosi nella natia Sedegliano – era uno di questi “ambasciatori” e, non me ne voglia nessuno se mi permetto di definirlo il più appassionato oltre che il più informato.
Agnul – così lo chiamavamo noi amici – aveva vissuto in prima persona la ricchezza linguistica e culturale del Vecchio continente. Appena laureato in ingegneria, negli anni Sessanta si trasferì in Svizzera dove rimase per trent’anni. Lì – raccontava – ebbe modo di toccare con mano la discriminazione subita dalla lingua friulana. Mentre in Italia la marilenghe non era nemmeno riconosciuta, il romancio (appartenente allo stesso gruppo linguistico del friulano) era considerato lingua nazionale di tutta la Svizzera e lingua ufficiale del Cantone dei Grigioni. Non va poi scordato che Agnul fu anche un grande viaggiatore e che conobbe di persona molti esponenti di altre minoranze con i quali, peraltro, continuò a mantenere costanti rapporti epistolari.
La forte passione di Agnul per tutto ciò che riguardava la lingua friulana e le altre lingue che ne pativano le stesse minacce, strideva un po’ col suo carattere calmo e compassato; ma ciò dava ancor più forza, più verità ad ogni sua parola. Perché Agnul pesava per bene le parole, prima di pronunciarle, come solo un poeta sa fare.
«Agnul aveva un modo molto caratteristico di fare l’attivista – ha ricordato l’altra sera a Sedegliano il comune amico svizzero e sociolinguista Jean-Jacques Furer – poiché era allo stesso tempo deciso e tranquillo, senza mettere sé stesso avanti, lasciando magari gli allori ad altri, contento che le cose si facessero». Come quando, nel 1980, a nome della Federazione dei Fogolârs svizzeri, chiese ed ottenne di permettere ai friulani residenti nella Confederazione di indicare – per parentela linguistica – il romancio, anziché l’italiano, nelle schede di censimento delle lingue. Una bella vittoria, se non altro simbolica, per la marilenghe che, ancora oggi, quindi, risulta censita ufficialmente solo in Svizzera.
Della sua visione dell’Europa – l’Europa dei popoli, piccoli e grandi – Agnul ci ha lasciato anche una testimonianza letteraria nel volume “Olmadis in Europe” (Sguardi sull’Europa) che raccoglie una trentina di scritti, molti dei quali memorie di viaggio e saggi sulle principali minoranze europee e non solo. È un libro che consiglio vivamente, soprattutto a tutti coloro che considerano la questione del friulano e, più in generale, della tutela delle identità, come un discorso di chiusura culturale.
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