Vuê mi soi jevât adore parcè che o vevi un grop che no mi faseve durmî.
Plui o pensi a lis primis pagjinis dai gjornâi di chescj dîs e plui mi ven stomi.
Mi ven stomi a pensâ a ce nivel che al è il dibatiment politic in Parlament, a trop in bas se la classe politiche taliane e je rivade. Parcè disio cussì?
No ai voie di fâ il populist e o cirarai di motivâ cheste afermazion cun dâts di fats.
Tachìn de cuestion dal Pape: al è sucedût ce che al è sucedût, ma un dai aspiets plui avilents al è il compuartament di un grant numar di politics che si son metûts a comentâ in maniere ofindude il scandul che il Pape nol à podût fevelâ (achì o cjatais dut il so intervent). A àn tirât in bal la cuestion religjose. Ma se ducj chescj politics a son cussì scandalizâts parcè che la massime autoritât dal Catolicisim e je stade contestade intune Universitât statâl, dulà jerino cuant che il Dalai Lama al è vignût in Italie? Parcè nissun aial dit nuie cuant che il mont politic si è cuasit vergognât di cheste visite e no àn dit une peraule parcè che a vevin pôre di fâ displasê a la Cine (la gnove frontiere dal marcjât globâl li che tancj dirits umans a son inmò une utopie dineade)?
W la Laicitât dal Stât: libare glesie in libar stât! L'unic intervent che mi à plasût al è stât chel di Renzo Tondo che sul blog di Vanni Lenna al à dit che jessi laics al significhe vê rispiet des ideis di chei altris, e no vênt pôre.
Seconde cuestion e rivuarde il câs Mastella: parcè dute cheste solidarietât a un ministri (chel de Justizie, migo un cualsisei!) che dopo dut al è indagât par reâts a rivuardaressin la malepolitiche e i rapuarts no nets tra podê politic e societât. Fint che un procès nol passe in judicât ogni incuisît al à di jessi considerât inocent, ma ta chestis ocasions, propit parcè che la cuestion e je delicade, la politiche e varès di stâ tal so puest e lassâ che la magjistrature e fâsi il so, cence scandalizâsi se e incuisìs un politic: un bon tasê nol fo mai scrit! Ancje se al sarès ben che cierte magjistrature e evitàs il sensazionalisim e lis indagjins spetacul... Un dai principis di fonde par un stât democratic e libar e je la division dai podês: li che podê legjislatîf (che al fâs lis leçs: il Parlament), podê esecutîf (che al met in vore lis leçs: il Guvier) e podê judiziari (che al fâs punìs chi che nol rispiete lis leçs: la Magjistrature) a son e a àn di restâ indipendents un di chel altri. Ma propit par tutelâ chest dirit di indipendence ognidun di chescj podês al varès di controlâ che i siei esponents a lavorin in maniere corete, cjastiant cui che al comet erôrs. A chest proposit tal prin coment o met un biel editoriâl jessût sul Gazzettino îr a firme di Paolo Pombeni.
Tierce cuestion: lis scovacis di Napoli... ma us ricuardi che ancje chi in Friûl la situazion e sta lant a Patràs...
Dut chest mi fâs rifleti sul faliment dai partîts, che a varessin di vê un rûl fondamentâl pe formazion de classe politiche, in maniere che une persone che e à voie di cjapâsi sù un puest di podê, e vedi i juscj imprescj par lavorâ tes istituzions. Invezit o ai come la impression che tantis voltis, masse, un al pues vê la ocasion di stâ intune istituzion dome parcè che al è un sioron e no parcè che al à fat un percors politic dal A al Z. Cussì o vin deputâts, senatôrs, presidents di regjon e e jù jù a cjadene fint a altris incarghis publichis di nivel plui o mancul alt che no son mai jentrâts intun consei comunâl, ma si cjatin catapultâts tal mont de grande politiche dome parcè che magari a àn un 730 che ur permet di paiâsi la campagne eletorâl. E cussì al sucêt che invezit di viodi di ce che al covente al paîs, il probleme principâl al devente "tirâ jù la piel" al aversari politic, fâi i dispiets e vie indevant... E mi ven simpri plui il dubi che cheste e sedi democrazie: o viôt simpri plui tant int inadeguade al rûl che e à... e prin o dopo il sisteme al colasse... o sino za rivâts al colàs? O ai pôre de rispueste!
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5 commenti:
dal Gazzettino dai 17/01/2008
Il vero dato politico
Il vero dato politico, eclatante, che è emerso dalla ingarbugliata vicenda delle incriminazioni della moglie di Mastella e poi di Mastella medesimo, è l'ampio sostegno bipartisan che il ministro ha incassato. Ora se il famoso marziano arrivasse sulla terra e si trovasse in un Paese in cui tutto un parlamento, opposizione inclusa, solidarizza con un ministro indagato assieme alla moglie per concussione resterebbe ovviamente sbigottito. Ma come, la classe politica esprime solidarietà a chi è accusato di un reato? Al famoso marziano qualcuno spiegherebbe subito che in realtà si trova in Italia e dunque le cose non sono proprio come appaiono. Le accuse si fanno talvolta con leggerezza e comunque spesso non reggono alla verifica dei fatti, le prove non sono prove, ma spiate telefoniche dal buco (tecnologico) della serratura sicché ciascuno può interpretarle come crede. A fronte di giudici seri e scrupolosi, ce n'è una quota non proprio insignificante che conduce le indagini in modo da fare spettacolo e senza curarsi d'altro. Naturalmente si deve ragionare a mente più fredda e chiedersi come si possa essere arrivati al punto che non un semplice ministro, ma il Guardasigilli, che è un navigato politico, sia messo in condizioni di denunciare alla Camera la non credibilità di una parte almeno della magistratura e incassare per questo il sostegno pressoché generale della classe politica, con le solite poche eccezioni.
La Associazione nazionale magistrati (Anm) si è naturalmente risentita, e si può capirlo: delegittimare la magistratura può diventare facilmente un gioco al massacro istituzionale. Tuttavia un discorso di responsabilità vorrebbe che proprio i magistrati difendessero il loro giusto privilegio all'autogoverno con un'opera interna di controllo sull'esercizio delle loro delicate funzioni. Pochi e rari sono i casi di magistrati puniti per gli errori commessi.
In Italia ci si rifiuta di avere un confronto serio e serrato sul problema delle intercettazioni e cioè dell'uso improprio delle tecnologie di sorveglianza invasive della vita ordinaria, strumenti che non possono essere usati con assoluta disinvoltura. Ma come avviene in tutti i Paesi civili per casi estremamente gravi e limitati. Quando chi scrive studiava giurisprudenza, tanti, troppi anni fa, sentì una lezione del suo professore di diritto penale, il prof. Bricola, sul problema dell' agente provocatore. È una tecnica ben nota, che punta ad infiltrare una persona in un gruppo per metterne alla prova i membri spingendoli a commettere un reato. Dopo di che l'agente avverte le forze dell'ordine che colgono i membri di quel gruppo con le mani nel sacco. Ci veniva spiegato che questa tecnica era dubbia sul piano processuale e deontologicamente riprovevole: le prove si trovano, non si fabbricano.
Oggi qualcosa di simile sta succedendo con le intercettazioni telefoniche: si sottopone tutto il possibile al controllo spionistico nella presunzione spionistica che chiunque prima o poi commetterà un reato, e si prendono frasi e materiali fuori contesto e li si piega a fattispecie criminose.
L'obiezione dell'Anm verso chi denuncia la leggerezza di questi comportamenti, è che c'è tutto il modo di difendersi nelle aule di giustizia. Il che potrebbe anche risultare vero visto il numero di inchieste che finiscono nel nulla, sorvolando però su un particolare non da poco: i tempi per potersi difendere sono eterni e intanto il fango schizzato fa il suo corso con tutte le gravi conseguenze del caso.
Siamo dunque in presenza di un cortocircuito istituzionale su cui è più che necessaria una riflessione. Lasciare spazio libero alle fantasie del populismo è pericoloso. Si può andare molto avanti e non in buone direzioni con il gioco della delegittimazione generalizzata.
È un modo di agire che non produce altro risultato che lo sfascio del sistema, specie in un Paese come il nostro che deve affrontare, e in tempi brevi, nodi politici piuttosto seri, da quelli del rilancio dell'economia a quelli della stabilizzazione del sistema elettorale, delle riforme istituzionali e via dicendo.
Dunque magistratura e classe politica si mettano seriamente al lavoro per recuperare le giuste dimensioni istituzionali entro cui il sistema ritroverà legittimazione. E si faccia davvero una seria riforma della giustizia. Politica-spettacolo e magistratura-spettacolo sono due termini che dobbiamo con urgenza poter cancellare dal nostro vocabolario.
Paolo Pombeni
Un altri articul dal Gazzettino 17/01/2008
I Clinton
Il ministro della Giustizia è indagato e lo ha saputo soltanto dopo il suo attacco alla magistratura e l'annuncio delle dimissioni dal governo in seguito all'arresto della moglie! Di più: la signora Sandra, presidente del Consiglio regionale della Campania, aveva appreso dalla televisione di essere agli arresti domiciliari. Ha capito allora che non poteva più mettere un piede fuori dalla porta. Cose che capitano soltanto da noi. Normalmente le misure coercitive vengono comunicate in anticipo agli interessati, sicuramente prima che le apprendano dai giornali e dalle tv. Le leggi servono per tutelare, per garantire, non per condannare prima del processo. In un Paese normale, non nel nostro. Forse la signora poteva essere denunciata a piede libero. Forse l'accusa forte rivolta al ministro non è così forte come sembra: concussione ai danni di Bassolino, il Governatore della monnezza, per una nomina regionale! Indagare il ministro della Giustizia non è come indagare un ladro di polli, comporta delle regole da rispettare. Non c'entrano la prudenza o i favoritismi o la sudditanza. Regole, solo regole. Ma questo è un Paese nel quale si conoscono prima i sospetti e poi le certezze, si mandano in giro ad arte le intercettazioni telefoniche comprese quelle senza valore per l'indagine. L'importante è gettare ombre, insinuare il dubbio. Le ultime vicende dei giudici Forleo e De Magistris non hanno fatto bene alla magistratura, hanno esaltato non l'autonomia dei giudici ma la schizofrenia di certa libertà.Si riparla ora di giustizia a orologeria nei confronti della classe politica. Con colpi assestati a destra e a sinistra, a seconda del momento. E si finisce per unificare le reazioni: ieri per Berlusconi, oggi per Mastella, passando per Fassino e altri. Qualcuno può pensare persino che i politici, che hanno solitamente la coda di paglia, adesso possano avere ragione a insorgere.
Bisognerà attendere gli esiti della nuova inchiesta con troppi indagati e tanti arrestati, con prefetti sospesi e funzionari in galera, con molti politici nella bufera. Difficile sapere cosa accadrà nel governo e nella maggioranza.Clemente, 61 anni, non è tipo da crollare facilmente. Ogni volta è riemerso con un vantaggio in più. È stato ministro del Lavoro con Berlusconi nel 1994 e due anni dopo sostenitore di Prodi e sostegno determinante del governo D'Alema. È nato politicamente come ombra di De Mita, lo chiamavano "la voce di Ciriaco" perché faceva l'interprete del demitese e chiariva i ragionamenti. Ma quando si è sentito tradito, ha liquidato il padrino: «Sembra una sessantenne in minigonna».L'uomo non è sempre antipatico, quando occorre mostra una vocazione controllata al vittimismo. Si presenta bene al salotto di Vespa, mai una cravatta troppo vistosa, le mani agitate per attirare l'attenzione, la tintura di capelli prima di apparire in tv. Accenna con voce moderatamente intonata alle vecchie canzoni napoletane. Certo non piace a molti, fatica a scrollarsi l'immagine di rappresentante della politica del Mezzogiorno assistenzialista, lottizzata, non trasparente. «A vederlo pensi che sia l'autista di un leader politico. Ma quando lo senti parlare ti accorgi che lo avevi sopravvalutato», è il giudizio impietoso di Marcello Veneziani. Il ragazzone non se ne cura, ha scorza dura, dice che gli deriva dall'essere nato a Ceppaloni, paesino in provincia di Avellino: «Il disegno di Dio ha voluto che nascessi qui». È stato anche sindaco e in tre giorni ha portato acqua e luce. Si è anche spinto a promettere un'autostrada a tre corsie, la "Mastellese"; è riuscito a portare a cantare in piazza Eros Ramazzotti, Orietta Berti, Tony Esposito e Loretta Goggi. A Ceppaloni c'è un dipendente comunale ogni cinquanta abitanti.
Sposato dal 1975 con Sandra, una bella italoamericana conosciuta negli Usa, due figli, una bimba bielorussa adottata. Con la moglie sono "la coppia ovunque del Sannio". Ceppaloni è il loro regno, qui hanno costruita una villa di tre piani con piscina a forma di cuore; "a forma di cozza" dicono i maligni.
L'uomo ha sognato di diventare segretario della Dc dopo "Mani Pulite", gli hanno preferito Martinazzoli: «Mastella non è il nuovo che avanza, è l'avanzo del vecchio». Riesce ad avere un partito tutto suo spinto da Cossiga che finalmente lo promuove leader. L'Udeur è piccolo, fatto su misura, ma suo: "L'Udeur verrà", dice l'inno. Basta crederci.
Mastella è lo stesso al quale a Berlino chiudono in faccia la porta del congresso europeo dei Popolari. I poliziotti non lo fanno entrare e non credono nemmeno al tesserino di europarlamentare; non si lasciano convincere dal suo inglese approssimativo. Sembra Totò che chiede informazioni al vigile milanese: come si traduce "Lei non sa chi sono io"?
Questo vecchio democristiano con antenne sensibilissime alla gestione del potere, ha sempre mostrato coerenza allo scopo e acrobazie a destra e a sinistra per raggiungerlo. Mastella non nega: «La politica è anche una battaglia di poltrone». Giuliano Ferrara diceva: «Mastella è uno che tutti i giorni dovrebbe baciare la terra dove il Cavaliere cammina salmodiando: "Ah, sono ancora in vita!"». Lui preferisce definirsi "un Tarzan antico stile col coltello in bocca", solo che anziché il classico urlo della giungla cinguetta canzoni di Claudio Baglioni. Poi mette in tavola pane cafone e mozzarella di bufala.Dice che il suo nome viene da un Papa che i Romani avevano mandato in Crimea ai lavori forzati e avevano tentato di annegare legandolo a un'ancora. Ogni volta che lo gettavano in acqua, quello ritornava a galla. Era il 100 dopo Cristo. «Non mi hanno chiamato Clemente a caso, anch'io ritorno a galla proprio quando gli altri mi danno per morto».
Adesso è a Ceppaloni, dietro la piscina a forma di cuore, per parlare di dimissioni alla sua signora agli arresti domiciliari. I "Clinton di Ceppaloni" ci credono ancora.
Edoardo Pittalis
e un altri inmò, simpri Gazzettino 17/01/2008
L'onorevola
Quasi nella sede di un festa, se l'occasione non fosse così triste non solo per lei ma l'Italia intera, dove arrivano tutti, ci s'incontra, una folla di giornalisti, notabili e politici locali, passanti, curiosi.Lei è un tipo così: bella, simpatica, ospitale, vulcanica quasi più del marito Clemente, meridionalissima nell'aspetto e nel modo di fare, familista ma capace di trattare con tutti: clientes e intellettualoni, statisti e villici, nordisti ma soprattutto sudisti. Quando in questa villa (che «io non riuscirò mai a considerare la mia galera», fa sapere) si svolsero due estati fa le nozze del figlio Pellegrino, c'era l'intero governo fra gli invitati, da Prodi a D'Alema a tutti gli altri. Compreso Parisi. «E chi mai si sarebbe potuto aspettare di vedermi qui? Eppure ci sono», disse un po' sconcertato ai bordi della piscina, a forma di cozza o di foglia, il super-austero ministro della Difesa. Fu un matrimonio hollywoodiano, con Sandra che fino all'alba, a piedi nudi, ballò la taranta e la pizzica e l'etno-dance e la musica vintage negli ampi giardini di questo colle sannita piantato nel verde di una terra, la Campania lato Benevento, di cui l'«onorevola» Sandra è presidentessa del consiglio regionale. Piazzata dal marito?
«Io sono una politica a tutto tondo, non ho bisogno dei consigli e delle spinte di nessuno», dice di sè: «Anzi, sono io che dò consigli a Clemente. Il quale è uno statista vero». Chi le ricorda? «Mi ricorda Aldo Moro!». E Clemente: «Sì, sono un po' come Moro io». Come coppia, sono perfetti lui e Sandra. Due macchine da lavoro, di tipo politico ma anche assistenziale in un Sud che ha sempre bisogno di aiutarsi e di essere aiutato, che marciano all'unisono e 24 ore al giorno o quasi. Irrefrenabili. Il motto di lei: «Embè! Anche Hillary Clinton è la moglie dell'ex presidente americano e mica qualcuno avanza dubbi sul suo talento politico. Comunque, Clemente è il più grande statista del mondo».La seguimmo, anni fa, in campagna elettorale, quando si presentò nel collegio di Capua, sempre in Campania, girando le campagne a bordo di un camper. «Buongiorno, sono Sandra Mastella, ma che bei peperoni...», diceva alle vecchiette con banco al mercato. «Buongiorno, sono Sandra Mastella, ma che buone 'ste salsicce», diceva in ogni salumeria che visitava. E mozzarelle a volontà. Le mangiava, le offriva, ne visitava le fabbriche: «Vorrei fare un tuffo in questa piscina di latte», esclamò a un certo punto. E se non l'avessero trattenuta, avrebbe fatto un carpiato con doppio avvitamento in una delle vasche di questi caseifici. «Mmm! E quant'è bbuona 'a caciottina co' 'a pimpinella...». Un personaggio trash? No, questo no: un personaggio molto particolare, e non inelegante e molto esuberante. Una volta le chiesero perchè mai osteggiasse tanto i Dico. E lei: «Non certo per far del male ai gay. Anzi, pensate che io ne conosco uno e mi faccio pure tagliare i capelli da lui». Insomma, ha il parrucchiere omosex. Dunque si sente moderna: «M'hanno educata in America dove i miei genitori erano emigrati». Poi torna a Ceppaloni, da benestante, e s'innamora di un ragazzo sveglio destinato a far carriera: «Clemente m'ha preso che ero illibata. Fu in chiesa, in una notte di Natale, che ci conoscemmo. Io recitavo nel presepe vivente con le altre Figlie di Maria e lui, avendo una bella voce, cantava Adeste Fidelis».Da quel momento non si sarebbe lasciati più. A unirli, l'amore («L'ammmoreee!») ma anche la passione politica. E così, in un partito - l'Udeur - che è un partito famiglia strapieno di cariche elargite a parenti di ogni ordine e grado, Sandra non poteva che diventare «onorevola». E il suo studio, nel palazzo del consiglio regionale campano, nei grattacieli del centro direzionale di Napoli, è tutto parquet, fiori, vasi eleganti, atmosfera ovattata... Con lei che regala torte agli impiegati e funziona come un sole, intorno al quale tutto gira ma in maniera morbida e meridionalissima. Senza, da parte sua, nessun comportamento da zarina: perchè non lo è affatto. Ti avvolge, semmai, nel suo magico mondo di charme e provoloni, nel quale puoi trovare un Diego Della Valle (amicissimo di Sandra e Clemente) e un contadino con il volto da anni '50 e con le mani callose da antico bracciante, cui manca solo l'asinello al seguito o l'aratro posteggiato fuori dalla villa di Ceppaloni o dalla festa dell'Udeur a Telese. Lì, ogni settembre, si svolge il grande show politico mondano dove la magica coppia dà il meglio di sè, circondata da ministri e da star dello spettacolo. Benigni compreso, lo scorso anno, il quale provò a prendere in braccio (come con Enrico Berlinguer un secolo fa) Clemente, ma poi lo posò («Troppo pesante») e volentieri ripiegò su Sandra. Una così va presa così com'è. E di certo non l'abbatti a colpi di spallate giudiziarie.
Mario Ajello
Masse semplicisti el resonament dal 730 e un tic cualuncuist (setu migo deventat di RC) ma e je une discusion lungje....
Cjò, zonte alc dal Tempo se no al somee che tu le vedis dome cun Mastella:
Troppe assenze tra i banchi Al Senato FI salva Bassolino
Il Senato tiene in piedi gli amministratori della Campania. Palazzo Madama boccia la mozione del leghista Roberto Calderoli, in cui si chiedeva al governo di sciogliere il Consiglio regionale e di rimuovere dal suo incarico Antonio Bassolino. Centoquarantaquattro contrari, «solo» centoquarantuno favorevoli.
Mancano i voti di Forza Italia. E il centrodestra si spacca.
La polemica scoppia pochi minuti dopo il voto. An e Lega, in particolare, denunciano l'assenteismo dei senatori azzurri. «Spero che le assenze registrate fra i banchi di Forza Italia non siano la conseguenza di un accordo sulla legge elettorale tra Berlusconi e Veltroni», auspica il presidente dei senatori di Alleanza nazionale Altero Matteoli.
Nonostante il voto del diniano Giuseppe Scalera e del senatore dissidente della sinistra Fernando Rossi a favore della risoluzione Calderoli, infatti, mancati i voti di 12 senatori di Forza Italia, tre dell'Udc, del presidente della Commissione Difesa Sergio De Gregorio e di Mauro Cutrufo della Dca. Con tutti i senatori del centrodestra, la richiesta di rimuovere Bassolino sarebbe passata con 158 sì. Un risultato che avrebbe riportato la maggioranza numerica dalla parte dell'opposizione e mandato a casa anche il governatore della Campania. Soprattutto nel giorno in cui il segretario del Pdci, Oliviero Diliberto, invita «i compagni di Rifondazione e dei Verdi ad uscire dalla Giunta Bassolino». Il presidente dei senatori azzurri, Renato Schifani, parla di assenze fisiologiche: «Quando in passato sono stati assenti quelli di An, nessuno ha mai ipotizzato l'esistenza di un patto Prodi-Fini». Ma «abbiamo perso una occasione che difficilmente ci ricapiterà», ribatte Roberto Calderoli. «C'era quasi una congiuntura astrale che non si ripeterà tanto facilmente - ha osservato il leghista - c'erano i senatori dell'Udeur assenti, mancavano tutti i senatori a vita, quelli di Dini votavano con noi. Potevamo mandare a casa Bassolino e magari Prodi. Eppura Forza Italia lo sapeva bene che le mozioni si votavano oggi».
Roberto Maroni, anche lui della Lega, non ci sta e chiede spiegazioni a Silvio Berlusconi. Detto fatto: «Di tutti può essere la colpa ma non di Forza Italia - dice il Cavaliere - La colpa è di chi ha voluto insistere nel presentare oggi (ieri, ndr) la mozione. Se qualcuno pensa che volevamo tenere in piedi Bassolino, fa dei pensieri meschini. Noi avevamo avvertito Castelli e Calderoli che ci sarebbero stati degli assenti».
Nella lotta ai responsabili dell'emergeza rifiuti, Berlusconi non parla tra le righe. «Siamo stati percepiti come Paese del Terzo Mondo, con un danno incalcolabile per la nostra economia». L'ex premier racconta di quanto le tv americane abbiano «sparlato» della nostra situazione, e si chiede come mai potremo esportare ora i nostri prodotti. Poi arriva al nodo. Alfonso Pecoraro Scanio «ha guidato le manifestazioni contro i termovalorizzatori, non sarà oggettivamente colpevole come ministro, ma è soggettivamente colpevole, è fuori discussione. Non si può pensare, nonostante tutto quello che avviene, che un ministro e un governo intero restino al loro posto».
Ma, par sei onest o varès di lâ a lei il pape e duç chei âltris par podê di la mê o sù di un o sù di chel âltri ma al sarès condanâmi a durmî mâl ancje jó. O preferis stâ zence durmî par alc di plui. par fâ alc di biel o di brut ma par fâ alc:-)
Mandi
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