Vuê al è il funerâl di Feo di Bean. La cerimonie e sarà aes 4 di dopomisdì te glesie dal so paîs.
Chi in bande us ai metût un articulut di Walter Tomada (che o ringrazii) jessût sul Gazzettino di îr ai 16 di Otubar.
Par viodi miôr l'articul, fracait su la foto.
Fevelìn di autonomie pluio mancul diferenziade
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In Italie si torne a fevelâ di autonomie. Magari par dâi cuintri, ma si
torne a discuti. La Lega cu la propueste di leç su la autonomie
diferenziade e torn...
6 giorni fa
8 commenti:
dal Gazzettino 16/10
IL CORDOGLIO
Lo piangono anche i "nipoti" dell'autonomismo
Udine
«Al è stât il prin a puartâ il furlan in Europe: al à vt il cr di fâ il so prin intervent in marilenghe e al à sburtât une vore par rivâ al ricognossiment de dignitât dal furlan: chest al à judât cence altri a rivâ a vê une tutele ancje dal Stât talian».
È l'identikit di come Alfeo Mizzau viene visto dalla giovane generazione friulanista: a parlare è infatti Dree Venier, direttore della Patrie dal Fril, lo storico foglio fondato da pre Bepo Marchet e Felix Marchi, ma soprattutto esponente di quel nuovo friulanismo che oggi viaggia sui blog, e non si sente per nulla residuo passatista, bensì viaggia sulle onde della modernità.
Nella cerchia di quelli che potevano essere i nipotini di Mizzau, guardando a lui come una sorta di precursore almeno a livello istituzionale è anche Christian Romanini, pure lui blogger e membro del comitato di redazione della Patrie. «Uno come lui, capace di esordire al Parlamento europeo parlando in lingua minoritaria, mostra nel contempo orgoglio delle proprie radici ma grande consapevolezza che l'Europa non si crea davvero senza la dovuta attenzione alle sue identità plurime».
Passando alle reazioni istituzionali, la vocazione per i rapporti internazionali di Mizzau è rimarcata con forza nel messaggio di cordoglio del presidente della Regione Renzo Tondo, fra i primi ad esprimere il profondo sentimento di vicinanza alla moglie e ai quattro figli ricordando «il suo costante impegno per lo sviluppo del Friuli Venezia Giulia, lo spirito di servizio e il senso delle istituzioni». «Abbiamo condiviso con lui un'intera stagione politica ricorda un altro presidente della Regione, Adriano Biasutti ed è stata una stagione di buoni risultati per il Friuli. Basti pensare alla ricostruzione, un fronte su cui Mizzau si impegno in modo estremamente serio ed efficace. E' stato un personaggio importante per la storia politica friulana, pur con la sua impostazione legata a un Friuli tradizionale e alla sua storia contadina».
dal Gazzettino 16/10
È morto ieri nella propria abitazione di Beano di Codroipo lo storico esponente della Democrazia cristiana. Colpito anni da fa da un ictus non si era più ripreso
Addio a Mizzau, europolitico e friulanista
A Strasburgo tenne un discorso in "marilenghe", avvertì la necessità di un’attenzione locale anche per i temi nazionali
Udine
A 82 anni se n'è andato uno dei pilastri della politica e della cultura friulana del secondo '900.Alfredo Mizzau (Feo di Bean, come lo conoscevano nel Codroipese e nel Friuli intero) se n'è andato in punta di piedi, dopo oltre un decennio di vita appartata a causa di un ictus mai pienamente superato.
In attesa dei funerali, domani nella chiesa di Beano di Codroipo, lo piangono gli amici della Prima Repubblica, ma anche i friulanisti più giovani, che in lui hanno visto una delle poche figure di riferimento in un universo politico del tutto schiacciato sulla dimensione nazionale.
Di professione commercialista, esponente di rilievo della corrente dorotea della Democrazia cristiana, Mizzau fu consigliere regionale dal 1964 al 1984, assessore regionale all'Agricoltura, alla Cultura e agli Enti locali. Dal 1980 al 1994 presiedette la Società Filologica Friulana. Europarlamentare della Dc dal 1984 al 1989, fu il primo e finora unico friulano a sedere a Strasburgo: ricoprì numerosi incarichi facendo parte della Commissione Bilancio e, ad esempio, delle delegazioni per i rapporti con gli Stati del Golfo.
Si trattava di un uomo tutto d'un pezzo ma anche di grande acutezza, che si imperniava sui valori profondi della friulanità, nelle radici del mondo agricolo friulano che lui stesso aveva celebrato nella sua attività di scrittore che ripercorse le lotte contadine in Friuli e la formazione del movimento cattolico popolare. Anche per questo alcune sue mosse attirano la simpatia dei giovani autonomisti che gli riconoscono alcuni passi fondamentali nella definizione dello status del friulano.
Nel 1977, da assessore regionale alla Cultura e presidente della Filologica, stimolò la nascita di una Commissione regionale per lo studio delle lingue minoritarie: sloveno, tedesco, veneto e friulano. Fu il primo riconoscimento ufficiale della rilevanza politico-amministrativa della questione relativa allamarilenghe. A lui si deve anche giusto 40 anni fa - la rinascita de La Panarie, storica rivista eclissatasi dopo la morte del suo fondatore Chino Ermacora: su quel giornale le sue Note semiserie costituivano un immancabile, ma anche gustoso, quadro per capire il Friuli di ieri e di oggi. Con quella stessa consapevolezza critica aveva inquadrato prima e meglio di altri la necessità di partire con una parziale autocritica, in un libro che nel 1992 aveva un titolo profetico Il latte versato. La Democrazia cristiana e le leghe. Cronaca di un confronto mancato.
Walter Tomada
dal MV 16/10
GIOVEDÌ, 16 OTTOBRE 2008
Pagina 17 - Cultura e spettacoli
Il riferimento restava sempre il magistero della Chiesa
Uno stratega accorto nelle battaglie interne alla Dc
Alfeo Mizzau, una vita per il Friuli
Orgoglioso della sua cultura contadina e cattolica
È morto a 82 anni uno degli esponenti storici nella Democrazia cristiana
ADDIO A UN LEADER
Ha amato con inesauribile passione il suo Friuli. In una lunga e ineguagliabile vita politica, da Codroipo a Strasburgo, ha fatto conoscere questa nostra terra ovunque, difendendone al contempo storia, tradizioni, lingua e autonomia. Molti, qui, nel mondo della politica come in quello della cultura, debbono qualcosa ad Alfeo Mizzau, spentosi l’altra notte a Udine, a 82 anni, per l’aggravarsi di una condizione di salute compromessa da un ictus che lo aveva colpito nel ’92 e che negli ultimi tempi lo aveva costretto in casa, impedendogli purtroppo quei contatti con la gente che avevano sempre contraddistinto il suo percorso umano, familiare, professionale e politico. Al di là delle opinioni e delle idee politiche, è fuor di dubbio che con Feo di Bean il Friuli perde un grande protagonista, un leader, un uomo dalle passioni forti e dal carattere determinato, capace di scelte coraggiose, di duelli dialettici esaltanti e – lo ripetiamo – di un amore sconfinato per le radici contadine che formavano il suo Dna.
Le radici. Nel patrimonio genetico di Mizzau troviamo un microcosmo sempre in perfetto equilibrio tra fogolâr, fede e cultura della terra. Fin dalla natìa Beano di Codroipo – dove domani tornerà per ricevere l’affettuoso mandi dei tantissimi friulani che si stringeranno attorno alla moglie e ai quattro figli (i funerali saranno celebrati alle 16) –, l’imprinting è fissato dalla forte personalità della nonna materna Teresa, donna dalla fede profonda. Così sarà anche quella di papà Giovanni Battista, di mamma Elsa e del giovane Alfeo. Una fede – si badi bene – né bigotta né fatalista, ma robusta, motivata e coerente; un riferimento fondante per i progetti che cominciano a delinearsi all’orizzonte. Anche nei momenti difficilissimi del fascismo (il padre fu licenziato perché non allineato al credo dominante), situazioni a tratti drammatiche che segnano tutta la famiglia e che generano scelte anti indicative dell’imminente stagione politica.
La politica. Antifascismo e anticomunismo rappresentano le fondamenta del pensiero politico di Alfeo Mizzau. Forse è esagerato dire anti. Lui aveva rispetto per tutti gli avversari (cosa rara di questi tempi...), semplicemente le sue idee erano altre, lontane mille miglia dalle ideologie marxiste e illuministe, perfino da un certo laicismo disimpegnato. Il suo riferimento etico e filosofico era il magistero della Chiesa. Non in senso para-dogmatico, ma come riferimento morale nei valori, tanto nel mondo nell’educazione quanto in quello del lavoro, insomma nelle relazioni con gli altri. Su questa terra, dopo la laurea in economia a Ca’ Foscari, nasce e cresce il Mizzau politico. Suo maestro è il majanese Guglielmo Schiratti, parlamentare democristiano e, fra l’altro, sottosegretario al Tesoro nel governo Tambroni. Fra gli allievi ci sono Turello, Metus, Comand e altri. Nella grande Dc – alla quale si era iscritto già nel 1945 – ci sono diverse correnti. Con gli amici citati, Mizzau fa parte della Corrente di base, che lascia molto presto per le aperture a sinistra, a suo dire, eccessive. Così fonda un proprio gruppo, non una corrente, che prende la sigla di Nuova base contadina. La Nuova base è un nome che gli sarà sempre caro, tanto da fondare la casa editrice omonima, oggi guidata dal suo allievo Vittorio Zanon. Perché quella scelta? Lo spiega lo stesso Zanon: «Fin dagli anni Settanta, Mizzau fu uno dei pochi nella Dc a dare molta importanza al sapere, all’arte, alla letteratura, alle manifestazioni culturali, che, con grande generosità, sosteneva il più possibile: era convinto, come lo siamo ancora noi oggi, che nella cultura si formano le coscienze e, di conseguenza, l’opinione pubblica».
Oratore affascinante ed elegante, a tratti (misuratamente) istrionico, con il suo proverbiale carattere forte e battagliero manterrà sempre una decisa posizione di centro-destra, aperta fino ai contatti con il Pli e il Psdi, non con i socialisti, sui quali, per rivendicare una visione più alta, usava una battuta un po’ forte: «Per asfaltare le strade bastano i socialisti». Al di là di ciò, sotto quei baffi sottili si nascondeva un’intelligenza politica acuta (la famosa matrice contadina), ma anche uno stratega che pure nelle battaglie interne alla Dc aveva rispetto per i propri avversari. Non era sulle posizioni dei Comelli o dei Bressani, ma ne era amico sincero, sempre e comunque. Coerente con le proprie idee, fu un grande sostenitore dell’autonomismo, che riteneva la risposta giusta alle pulsioni che nei Novanta stavano tentando il mondo friulano. Federalismo che avversava perché – a suo avviso – minacciava di spegnere l’identità. E di questo aveva scritto, con il suo stile sanguigno eppure mai sopra le righe, in Il latte versato e Caro D’Aronco (edizioni La Panarie - La Nuova base): due volumetti preziosi e, in certi passi, addirittura profetici, dove Mizzau sosteneva che la Dc non aveva l’esatta percezione del fenomeno Lega e delle proporzioni del suo impatto sul sistema politico italiano dell’epoca e degli anni a venire. Questi due piccoli libri ci svelano anche un Mizzau più vicino alla gente che al palazzo e ai salotti intellettuali friulani. Amico della gente, ma non populista, specialmente nella sua stagione regionale, fu molto vicino al mondo contadino, puntuale e ascoltato interlocutore, capace sempre di dare risposte adeguate. Certo, erano altri tempi, il mondo economico era un altro, la campagna aveva un peso diverso sull’economia della nostra regione e dell’Italia. Ma Mizzau c’era e ci fu anche in Europa.
L’Europa. L’esperienza di parlamentare europeo dura dal 1984 al 1989. Nessun friulano è mai riuscito a sedersi a Strasburgo, soltanto Feo di Bean che, per non smentirsi, fece l’orgoglioso discorso di debutto nella su amatissima marilenghe, perché pensava che ogni parlamentare dovesse rappresentare in quella sede le caratteristiche, la storia e le tradizioni della terra di appartenenza. A cominciare dal modo di esprimersi.
Paladino della friulanità. Mizzau fu sempre attento ai giovani e alla cultura, non soltanto quando ricoprì incarichi politici. Lo fece a più riprese, specie in quegli anni importanti della presidenza della Filologica friulana. Una leadership dinamica, forte e appassionata come sempre, fino al 1992, quando un ictus non gli permise più di mantenere i ritmi di vita e di pensiero che lo avevano sempre contraddistinto. E lavorò sodo anche come nobile del Ducato dei vini, per il quale desiderava un ruolo di difesa e promozione delle nostre tradizioni, certo enogastronomiche, ma non solo, ricollegandosi così idealmente al mondo contadino che lo aveva generato.
L’eredità. Esiste un’eredità politica di Alfeo Mizzau? Quella stagione è soltanto un ricordo e oggi un leader come lui non troverebbe spazio. La Dc non c’è più, restano le menti, restano gli allievi (senza far torto agli altri, citiamo Giancarlo Cruder, che in questa pagina ci regala il suo affettuoso ricordo del maestro), restano i valori etici, il percorso cattolico, il rapporto viscerale con la terra e con il senso dell’uomo e del suo lavoro. Ecco, in quei solchi troveremo ancora il seme di Feo di Bean.
dal MV 16/10
GIOVEDÌ, 16 OTTOBRE 2008
Pagina 17 - Cultura e spettacoli
La storia dell’“orloi di soreli” dedicato alla mamma
Nel 1991 Alfeo Mizzau diede alle stampe un libretto in friulano, intitolato L’orloi di soreli, ovvero storia della meridiana orizzontale di casa Mizzau. Ne riportiamo alcuni brani.
* * *
«Par ricuardâ nestre mari che mi sveave a buinore par duc’ i àins di scuele, par chi las a Codroip a cjapâ il treno des sièt, cence vê, in cjase, ni svearine, ni orloi.
E in tanc’ ains no ài mai piardût il treno.
E pensâ che quant chi lavi ae universitât a Vignesie il treno al partive aes quatri e un quart di buinoris. «Mame cemût atu fàt?» j ài domandât dopo. «Eh, si tu savessis» mi diseve puare femine «tropis voltis chi mi sveavi e mi sfuarzavi, preant, di tignî viers i voi, par sintî a batî l’ore dal cjampanîli». Par fortune l’orloi dal cjampanîli di Beàn al bàt lis oris come chel di San Marc di Vignesie: ogni quart d’ore al bàt i quarts su la cjampane pizule e lis oris su che grande. Se a lave ben me mari a stave sveade qualchi minût, se a lave mâl squasi un quart d’ore. Il fât al stâ che in tanc’ àins di scuele jo il treno no lu ai mai piardût.
«Ma chist, chel di stâ sveade — a zontave me mari — al sucedeve d’unviâr, quant che ’l soreli al jevave tart. Cun la primevere o cjalavi tal barcon e o induvinavi subit ce ore che a jere».
Il soreli, si lu sa, al segne il timp de zornade; ma cui cjale, uè, il soreli quant che duc’ àn orlois, orloiùs, orloiòns? Me mari contadine no veve bisugne di orlois, a cjalave il cîl e a capive l’ore. Chist il parcê da l’orloi di soreli».
ma il gonfalone è solo per Haider e non per Mizzau? Spero di no!
Hai rubato la prima fila al presidente della giunta regionale?
Ma come ti permetti?
Compliments Christian pal omaç che tu stas pandint par Feo di Bean.
Un poc lu ai cognossut diretamentri, di plui indiretamentri.
Par me al è stat un bon omp e un bon politic. No par nie nol è mai lat trop dacuardi cun Biasut. Al fat che un al vedi vut a ce fa cun le justizie e Feo no al dis plui di alc.
A Feo j à mancjat dome un tic di coragjo, se lu ves vut o varessin za di passe vinç anis il PPF, Partit Popolar Furlan, il Friul al vares il cjaf mancul pleat e vue o saludaressin Feo come fondator dal PPF.
Dut il me corot par Feo e o speri che chist moment al stici lis gjenuinis cussienzis autonomistis.
Mandi Feo
Checo
Luca, però nol à olsât freâle al diretôr ;-)
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