O ai let che Eta (il grup separatist armât dal Paîs Basc) e sarès pronte ae tregue definitive.
Eta e à metût come condizion la fin dai "atacs cuintri Euskal Herria".
La comunicazion e je stade dade intune interviste dade dai dirigjents de organizazion separatiste basche al Gara, il gjornâl il lenghe basche.
Te stesse interviste e je stade domandade ancje che Batasuna (considerât il braç politic di Eta e metût fûr leç dal guvier spagnûl) al podedi partecipâ a lis prossimis elezions.
Grant suces di “Stin dongje ae Patrie”, la tierce edizion de fieste dal
nestri gjornâl
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Pe rassegne Avostanis, li dai Colonos a Vilecjaze di Listize, il mont des
associazions, de culture, dal spetacul, dal sportsi è strengjût intor dal
gjornâl...
1 settimana fa
8 commenti:
dal Barbiere della Sera
Terrorismo basco: l'amaro prezzo di una possibile tregua
di Astolfo
In Spagna la notizia del momento è una non notizia, ossia l'annuncio (possibile, eventuale, auspicato, ipotizzato) della fine della "lotta armata" da parte dell'Eta, che aprirebbe le porte a una soluzione negoziata per l'ultimo conflitto armato nell'Europa Occidentale
Il premier Jose' Luis Rodriguez Zapatero ha detto fra l'altro che "non è lontano il momento in cui si creereanno le condizioni" per una trattativa con i terroristi indipendentisti baschi. Sorge spontanea la domanda: a che prezzo?
"Questo è il miglior momento, dopo molti anni, per cominciare a vedere l'inizio del principio della fine della violenza", sostiene Zapatero, che l'anno scorso ha ricevuto dal Parlamento un mandato per negoziare con l'Eta se l'organizzazione clandestina depone prima le armi.
E nella stampa iberica si moltiplicano le speculazioni su contatti clandestini (finora smentiti in toto dall'esecutivo), sul "prezzo politico" da pagare per ottenere la pace nelle tre province del Paese Basco, sul cammino da percorrere per riuscire nell'intento. Creando anche un certo sentimento di irritata impazienza.
In chiaro contrasto con il suo predecessore José Maria Aznar, infatti, Zapatero ha usato finora toni del tutto soft riguardo ai nazionalisti baschi, tanto "democratici", come quelli al governo a Vitoria (Partito Nazionalista Basco ed Eusko Alkartasuna), quanto "radicali", ossia i dirigenti di Batasuna, partito sciolto dalla magistratura ed inscritto nella lista delle organizzazioni terroriste dall'Unione Europea, il cui leader e portavoce, Arnaldo Otegi, è tornato negli ultimi mesi alla ribalta come se niente fosse, dopo mesi e mesi di invisibilità.
In nome della necessità del dialogo, e dell'annunciata imminenza della tregua dell'Eta, insomma, il premier ci tiene a mantenere aperte tutte le opzioni.
E' cosi' che venerdi' scorso il Parlamento basco ha approvato una dichiarazione a favore di una soluzione di pace "senza vincitori nè vinti", che è stata succesivamente ripresa dalla vice premier Maria Teresa Fernandez De la Vega, sempre in nome di una "soluzione negoziata del conflitto".
Il Pnv, da parte sua, attraverso il suo portavoce Joseba Egibar già parla dell'Eta definendola "una organizzazione politica che usa le tecniche moderne della lotta delle minoranze contro le maggioranze", puntualizzando che anche se queste sono "tecniche terroristiche" l'origine di tutto il problema sta "nella negazione di un popolo e di una nazione" e dunque puo' solo essere risolto "riconoscendo che esiste un popolo con capacità di decidere". Leggasi: autodeterminazione basca.
Il ragionamento di Egibar (ossia del nazionalismo "democratico") è chiaro: "Eta è nata nell'epoca del franchismo" e comunque "malgrado le scemenze (disparates) che ha combinato" resta il fatto "che ha sempre avuto una motivazione politica"; Leggasi: la stessa motivazione e lo stesso progetto politico del Pnv e del nazionalismo "democratico", ossia l'autodeterminazione del (tuttora fantomatico) "popolo basco" come strumento per la creazione del (tuttora fantomatico) Stato basco di Euskal Herria.
In altre parole: in previsione di una possibile resa delle armi degli "etarras" i nazionalisti "democratici" sono pronti a raccogliere il frutto dei loro "disparates". O, come avrebbe detto l'ex leader del Pnv, Xavier Arzalluz, ai dirigenti della cupola clandestina dell'Eta durante un incontro segreto: "Voi scuotete l'albero, noi raccogliamo le noci".
Piccolo problema, pero': non tutti sembrano d'accordo con questo scenario di "dialogo" e di "apertura".
Il Defensor del Pueblo (Ombudsman), Enrique Mugica, ha già dichiarato chiaramente che si oppone a una pace "senza vincitori nè vinti".
E Mugica non è esattamente un filoaznariano: basco, ex militante comunista incarcerato sotto la dittatura di Franco, ex membro dell'ala sinistra ("guerrista") del Psoe, è anche il fratello dell'avvocato Fernando Mugica, ucciso dall'Eta dieci anni fa, ed è rimasto famoso da allora per la sua sentenza: "nè perdono nè oblio".
Ah, certo, perchè poi ci sono le vittime delle "scemenze" dell'Eta a cui si riferiva il Pnv! Dei rompicoglioni terribili che non solo hanno costituito una Associazione delle Vittime del Terrorismo, ma inoltre intendono far sentire la loro voce al governo.
Zapatero, che aveva commesso la sintomatica "gaffe" di non visitare il loro recente congresso a Valencia (aperto dal Principe Felipe, e con la partecipazione di vittime del terrorismo venute dai quattro angoli del pianeta), li ha ricevuti venerdi' scorso alla Moncloa, solo per sentirsi dire dalla presidentessa dell'Avt, Maite Pagazaurtundùa, che la pace deve si' arrivare "senza umiliazioni o crudeltà", ma anche e sopratutto con "vincitori e vinti".
E nemmeno Pagazaurtundùa è una filoazanrista della destra spagnola nazionalista: consigliere comunale socialista, si è ritrovata a militare a livello nazionale per lo stesso motivo del Mugica: l'8 febbraio 2003 suo fratello, sergente della polizia comunale di Andoain, nella provincia basca di Guipuzcoa, entro' nel suo solito bar per fare la sua solita prima colazione, e ne usci' con quattro pallottole in testa, sparate a bruciapelo da uno sconosciuto, fuggito subito dopo l'omicidio e mai identificato.
Tre anni e nove giorni dopo, sua sorella Maite, durante l'incontro con Zapatero (che l'agenzia Efe ha definito "teso") ha letto un decalogo stilato dalle vittime del terrorismo, che contiene una serie di concetti che vorrebbero vedere riflessi nell'azione del governo, e che sono di una chiarezza meridiana: "il terrorismo va sconfitto", "è in gioco la pace, ma anche la libertà", "è necessario rifiutare ogni tentazione di impunità" e finalmente "ci devono essere vincitori e vinti".
Massimalismo esasperato? Radicalismo comprensibile da parte della sorella di una vittima, ma che non puo' inspirare l'azione di un governo democratico? Irrigidimento delle posizioni antagoniste quando sembra mancare poco perchè si arrivi a una soluzione pacifica e negoziata?
Per aiutarci a rispondere a questa domanda, ecco un'altra storia basca, che si svolge non ad Andoain (14 mila abitanti) ma a Azkoitia (10 mila abitanti), sempre nel prospero entroterra della provincia basca di Guipuzca (capoluogo, San Sebastian).
Il 21 settembre 1962, un pomeriggio afoso, un commerciante locale, Ramón Baglietto, vede María Nieves, moglie del suo amico il falegname Azpiazu, che attraversa la strada insieme ai due figli, José Manuel e Kandido, che giocano con un pallone. Improvvisamente il pallone sfugge ai due bambini e Kandido, che ha esattamente undici mesi e un giorno di età, corre in mezzo alla strada per prenderlo. La madre corre dietro al figlio e Baglietto vede un camion che si sta avvicinando, si getta e prende il piccolo Kandido dalle braccia della madre, salvandogli la vita. La madre e il fratello, invece, muoiono travolti dal camion.
Nel 1980, quasi vent'anni dopo, lo stesso Baglietto -diventato nel frattempo militante della Unione del Centro Democratico -il partito di centrodestra dal quale nascerebbe successivamente l'attuale Partito Popolare- sta uscendo da Azkoitia a bordo della sua vettura quando cade in un'imboscata dell'Eta, e muore investito da una pioggia di pallottole di mitra.
L'esecuzione, decisa dall'allora numero due dell'organizzazione terrorista, Eugenio Etxebeste, è stata portata a termine da tre uomini, fra i quali Kandido Azpiazu, lo stesso che Baglietto aveva salvato quando era solo un bambino.
Nuovo salto di quindici anni: Azpiazu è stato catturato, condannato ed ha scontato la sua pena in carcere. Alla sua uscita è celebrato come un eroe nel suo paese, e si compra un negozio ad Azkoitia. Anzi, lo compra al pianoterra dello stesso palazzo dove vive Pilar Elias, la vedova di Baglietto.
La signora Elias è l'unico membro della famiglia che non ha voluto piegarsi alla minaccia terrorista, restando nel paese dove è nata e diventando consigliere municipale del Pp. Ora ogni giorno, quando entra o esce da casa, si trova davanti l'assassino del marito. Quando le va bene. Poi ci sono giornate come lo scorso 28 gennaio, in cui deve anche vedere sfilare sotto la sua finestra un corteo di appoggio e solidarietà all'assassino del marito, proibito dalla magistratura ma tollerato dalla Ertzaintza (polizia autonoma basca) e convocato con lo slogan "Attacchi e vendetta no, soluzione democratica adesso"...
In quanto a Kandido Azpiazu, l'"etarra" che ha ucciso l'uomo che gli aveva salvato la vita, in una intervista pubblicata da El Pais, sostiene che ha dovuto ammazzare Baglietto "per necessità storica, per senso di responsabilità verso il popolo basco, che è un popolo magnifico, che ha una cultura magnifica, che parla una delle lingue europeee più antiche, che non è mai stato sconfitto, nè dai romani, nè dai visigoti, nè dagli arabi. Un popolo molto diverso dagli spagnoli".
Uno dei punti del decalogo che le vittime del terrorismo hanno portato a Zapatero è formulato come una domanda: "cosa racconteremo ai nostri figli se diamo la ragione, anche in parte, a quelli che hanno ucciso e terrorizzato per ottenere i loro obiettivi politici? Chi scriverà la memoria di questi anni?".
E si potrebbe aggiungere: sarà Azpiazu, l'omicida provvisto di alibi etnico, o la signora Elias, la vedova della sua vittima?
Astolfo
P.S. Questo pezzo l'ho scritto sabato scorso. Da allora sono successe un paio di cose, ma comunque non la cosa fondamentale che tutti attendono, auspicano, o definiscono imminente.
L'Eta, infatti, ha diffuso un comunicato nel quale sostiene che "è arrivato il momento di assumere impegni fermi e prendere decisioni importanti", ma senza parlare affatto di una tregua o nemmeno di un cessate il fuoco (i terroristi baschi hanno continuato nelle ultime settimane la loro campagna di attentati per alimentare il racket della cosiddetta "tassa rivoluzionaria", leggasi pizzo etnico) ed escludendo inoltre che una riforma dell'attuale Statuto di Autonomia (la norma che definisce le competenze ed i poteri delle "comunidades autonomas", le regioni, nell'ordinamento spagnolo) alla catalana possa servire a mettere fine alla "lotta armata".
Ovviamente l'opposizione del Partito Popolare è saltata sull'occasione per criticare il governo ed esigere un cambio di rotta in materia di politica antiterrorista, accusando Zapatero di "mendicare" una tregua con l'Eta, ma la reazione più significativa a tutto questo processo è venuta ancora una volta da una socialista, l'europarlamentare (basca) Rosa Diez, che ha pubblicato una lettera aperta al capo dell'esecutivo (nonché leader del suo partito), nella quale accusa alcuni settori del Psoe di scarsa sensibilità politica ed etica verso le vittime del terrorismo basco.
Diez ricorda recenti dichiarazioni di un altro socialista basco, Josè Antonio Pastor, secondo il quale nella prospettiva di un processo di pace "bisognerà chiedere una certa dos di generosità a due settori (che sono) le vittime e i prigionieri che appartengono alla banda terrorista Eta, che in un modo o nell'altro, secondo le circostanze di ognuno e nello svolgersi dei tempi, dovranno reintegrarsi con una certa normalità alla vita politica", e le stigmatizza come l'espressione di una volontà di pacificazione "negoziata" eticamente perversa.
Scrive la Diez: "che un dirigente del mio partito (Pastor è portavoce del gruppo socialista al Parlamento basco di Vitoria) faccia un discorso nel quale si equiparano vittime e carnefici, che si pensi, e lo si dica parlando a loro proposito, che rappresentano "due mondi che sono stati separati", come se lo fossero stati per una decisione presa volontariamente dalle due parti, come se tutt'e due le parti -vittima e carnefice- fossero ugualmente responsabili della situazione nella quale si trovano, come se le vittime siano diventate tali per un problema di incompatibilità politica, di mancanza di fortuna o per un brutto scherzo del destino, è qualcosa che mi risulta impossibile capire e accettare".
E aggiunge "vedi, presidente (fra socialisti ci si da del tu, Ndr) questo non è un dibattito teorico o tattico. Non ci troviamo, a mio modo di vedere, dinnanzi a una questione opinabile, di quelle sulle quali si puo' discutere da un punto di vista piu' o meno emotivo o pragmatico".
http://www.ilbarbieredellasera.com/article.php?sid=15112
Doi pasaçs ju ai evidenzias, (in somp ancje el link) parceche a mi chest to riclam no esplicit ma che al ul puarta a concludi di situazions di analogies cule cuistion furlane NO MI PLAS!!
Ah si! Sigur, tu mi disaras che tu no tu as nissune rivendicazion autonomiste, che tu (oviamentri) tu condanis l'Eta e il terorism e che son conclusions che o tiri jo o i malicios come me, tu tu amis dome le pas.
Tal vevi za dite conche tu as tabajat de revoluzion contadine dal 1511 e mitut dongje Irlande-Inghiltere di rugby e Sunday bloody sunday.
Viot che tu stas mitint dongje stories difarentes tai presuposcj tal lor svolgiment e tes conclusions.
E se tu afermis el contrari tu mi das reson: Une robe al e incasasi parceche e fasin tantis dificoltats a scuele par un ore di furlan conche tant facilmentri magari nus metaran le ore di Coran, une robe al e incazasi parcehe te Rai regional al e Triestin a sbreghebalon e furlan a gotis raris, ALTRE ROBE è chest "wishful thinking" viers ETA o IRA.
Sta atent che tu ti stas inoltrant in tun filon filoautonomistfurlonazionalistantitalian ne vore pericolos, o lei ancje sul furlanist e par me certis posizions e scjaldin ej animos e cualchidun al podaress vigni prest pront a cjapa su le sesule o el falcet.
Tu mi contradiras in plen parceche tu ses ne vore braf tai ecuilibrisms concetuai ma sta atent, plui grande e je le "iperbole concetual" plui rumor e fas conche cole!
f.to
chel patriote di Thermonuke
Mandi Thermo: chei di Eta a àn doi difiets che no mi plasin... a son di çampe estreme e a son int che e à copât altre int. E chest secont fat lu condani cun fuarce. Il titul dal post al comente la notizie: ven a stâi la fin dai intervents armâts.
La cuestion dai Paîs Basc e je une vore imberdeade e o condivît ad implen la cause indipendentiste di chel lûc che nol è Spagne, ancje se su la cjarte al è un toc di chê monarchie. Dut câs, ats di violence jo no ju toleri ni ju justifichi. O speri che e sedi vere: che Eta no copi nissun, che i muarts di chescj agns a viodedin la punizion di chei che ju àn copâts e che però ancje i Paîs Basc a podedin gjoldi de lôr indipendence, o almancul di une fuarte autonomie. Ma cence altri sanc che al cori jù pai Pireneus fin ae Penisule Iberic. Par chest o speri che e sedi vere.
Intant che tu publicavis il secont post, jo o finivi di scrivi il gno, ma o resti di chel parê. Purtrop une cierte part di int, cuant che a sint a fevelâ di autonomie e cause furlane, le associe simpri a episodis di violence.
Un cont al è trai a la int (che o condani) e un cont al è resonâ pe tutele di une identitât come chê furlane. Mi displâs che tu mi metis dongje di cierts events criminôs. Il fat che o vedi plui di cualchi volte fat riferiment a cierts episodis nol significhe (come che tu mi acusis tu) che o fasi la apologjie dal grups indipendentiscj armâts. E no fâs nissune analogjie cu la cuestion furlane se no pal spirt identitari di popui minorizâts.
In cierts câs (Eta, Ira...) a àn decidût di passâ pes armis, chel furlan o pensi e o speri che al rivi a fâ valê lis sôs resons in maniere pacifiche e no violente. La Ete di Mieç e je finide di un biel pieç e lis sesulis e forcjàs o pensi che nissun lis vedi plui. Se o ai di pensâ a un model, mi plâs pensâ a Gandhiche al à liberât la Indie cence violence. E cun chest o speri che no tu mi atachedis plui cun ilazions e acusis dal gjenar.
Ma la autodeterminazion e je un dirit di ducj i popui e che masse spes al è stât dineât.
Pero,
tu as tacàt tan timp fa cule tutele de lenghe...
ben planc si e zontade par analogje le identitat cumun: le lenghe el prin leant,
dopo e salte fur le nazion, le patrie.
Cumo el spirt identitari di popui minorizâts, el derit dineàt al autodeterminazion di ducj i popui
Cule sperance (no le certece): chel furlan o pensi e o speri che al rivi a fâ valê lis sôs resons in maniere pacifiche e no violente
E lu fasara sence altri quindi tu ti auguris:
come Gandhi che al à LIBERAT la Indie cence violence
LIBERAT? capistu?!?!
Ma di ce di cui?
Se dopo tu vueli pensa che tal me resonament ti acusi di sedi un simpatizzant dal Eta o dal Ira, paron di falu ma mi somee une conclusion comude.
Jo o ai dite che tu metis dongje robis, Irlande e Pireneos che no jentrin cul Friul a meno che no si condividi certis posizions filoautonomistfurlonazionalistantitalian, no aj dit ni filoETA ni filoIRA.
Dut cas se sarà lote armade sara mior che o cjati un IP aes isoles cayman prin che cualchidun mi taj el sglasarar! :-)
tu mi domandis
LIBERAT? Ma di ce di cui?
Se no fossin plui ciertis "cjadenis mentâls" che a fasin viodi come un integralist un che al fevele di rispiet de identitât furlane... cheste e sarès za une biele liberazion.
E se ciert nazionalisim risorgjimentâl si smavìs, forsit nancje tu tu varessis ciertis pôris che un al sedi filoautonomistfurlonazionalistantitalian
Sint mo, no soi tant vecjo,
o ai cirche une decine di agns plui di te, ma mi an bastat
par viodi, taramot, solidarietat, ricostruzion, terorism ros e neri,
par sinti di dai grancj antifassist=parfuarcecomunis comunist=partigjanantiffassist, che ve une bandiere taliane o di le peraule patrie fur de caserme al jere segni di fassism,
save di int che par disbagli cjaminant tal bosc e scunfinave e si cjapave une sclopetade,
par la ator le domenie e viodi che di la de statal 13 e a est di Manzian o Palme e jerin dome casernis e cjars armats.
Eco dut chest al jere seben plui di trentagns dopo el retagjo di un pais issut du une vuere distrut e dividut ancje tal animo e di une guere frede che nus a rivuardat di dongje.
Le "riconciliazion nazional" e no dome chi e je comenciade adimplen tai agns otante, finalmentri pode sedi orgoglios di sedi talians cence sedi indicas come tradidors, Badoglios, sconfits, fassiscj.
Dut ce che di mior o viot vue, e no dome fabrichis e cjasis e benessere, no lu viot ni fi de spinte di autodeterminazion o ni de dibisugne di autonomie, anzit.
Mi par un poc che chescj "storicons" Patriotes furlans de ultime ore talore e sepin benon le storie dal Patriarcje Bertrant e de joibe grasse dal 1511 e si smentein de storie furlane dai untin 25-30 agns.
Jo o resti orgoglios di sedi furlan e o crot che ancje un patrimoni come le lenghe e vadi justamentri tutelade, no crot no tant utopistic pretindi un ore di furlan conche nus imponin le ore di Coran ma conche si tabae di derit di autodeterminazion dai popui no rivi a capi se domandin tutele di culture o lenghe o autonomie politico aministrative istituzional. In tal prin cas mi par che les istances e puedin sedi justes ma sburtades cun formes talore discutibi, tal secont le regjon autonome a statut special e baste ae grandone, dut il rest e son fufignes(domandi ai venits se no si contentaressin...)
Par sierale el risorgiment nol jentre une benemerite mincje.
O ti ano convint che garibaldi al jere un triestin? :-)
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