05 luglio 2009

La cjacarade dal Mestri

O scuen ameti di jessi un so tifôs: Dree Valcic (te foto), colaboradôr de Patrie dal Friûl, ma prime gjornalist dal Gazzettino al è une des vôs che o lei di gust. E la sô "Cjacarade", rubriche fisse sul cuotidian, e je simpri buine par un spont, par une riflession. E cheste che us segnali e us ripuarti tal prin coment, e je stade par me terapeutiche parcè che mi à fat passâ la incazadure pe delusion che o vevi vût leint un intervent dal ass. De Anna di cualchi zornade indaûr. Ancje jo o ai simpri vude simpatie (che e continue ancje vuê) pal ex president de Provincie di Pordenon ancje parcè che o cjati pardabon gustôs sedi pal so caratar sedi pe sô fevelade in Folp di Cordenons. Però ai lei ce che al jere scrit sul gjornâl di cualchi zornade indaûr mi veve deludût chê cjapade di posizion (us met ancje chê tai coments). Par furtune che il Mestri Valcic mi à fat cjalâ il fat sot di une altre lûs. E a la fin mi à fat fâ ancje une ridade!

2 commenti:

Christian Romanini ha detto...

IL GAZZETTINO – domenica 5 luglio 2009 – prima pagina –

LA CJACARADE – di Andrea Valcic

Ho sempre avuto particolare simpatia per l'assessore De Anna, sin dai primi dibattiti televisivi elettorali quando si candidò alla presidenza della Provincia di Pordenone. A colpirmi favorevolmente è sempre stato l'approccio diretto alle questioni, una spontaneità nelle dichiarazioni, dovuta allora a una certa verginità politica, ma poi mantenuta, nonostante il percorso compiuto sulla scena istituzionale. Per questo credo alla assoluta bontà di quanto ha affermato in un'intervista apparsa venerdì sui Gazzettino, sulla sua personale esperienza riguardo al friulano a scuola.

Ritengo che sia utilissimo, oltre che rimandare alla lettura integrale dell'articolo dal titolo significativo "Il Folpo furlan", riflettere su alcune considerazioni dell'assessore pordenonese, che mi sembrano rappresentare uno spaccato di un modo di pensare, presente non solo "di la da l'aghe". Dunque De Anna si dichiara, in maniera molto soft a dire la verità, contro l'obbligatorietà dell'insegnamento e per una via domestica, matriarcale, per permettere la continuità e il mantenimento della marilenghe. A sostegno della sua tesi cita un episodio della sua vita scolastica; un compito d'italiano valutato 3 meno meno dall'insegnante perché costellato "da barbarismi" che presumiamo essere forme dialettali venete da una parte, ma dall'altra anche tempi verbali e vocaboli di chiara origine friulana. Da qui la decisione, presa assieme alla moglie, di rivolgersi sempre in italiano alle figlie,

I friulanisti più accesi non si infiammino ancor di più di fronte alla scelta: potrei citarne mille di famiglie che si sono comportate in questo modo e che continuano a farlo. Una sudditanza psicologica che nasce proprio grazie a quegli insegnanti, degni eredi di Dante e del suo disprezzo nei nostri confronti, già delineato nel De volgari eloquenza dove ci descriveva come "qui crudeliter ce fastu eruptuant". I miei genitori fecero la stessa cosa. In casa tutti parlavano friulano tra di loro, ma di fronte ai bambini si passava all'italiano, tranne mio nonno che piuttosto che tradire taceva, anzi mugugnava. Ma De Anna, con quella sincerità di cui sopra, dovrebbe ammettere che quella opzione ha portato ad un unico risultato: aver perso anni di spontaneità nei rapporti, nell'aver negato la ricchezza e la validità di un messaggio che nasceva dalla sua storia. Per fortuna le figlie non gli hanno obbedito.

Christian Romanini ha detto...

IL GAZZETTINO – venerdì 3 luglio 2009 – Regione / Attualità

IL “FOLPO FURLAN”
di M.B.

Trieste – nostro inviato

Nessuno può accusarlo di essere un mangiafriulani, come peraltro se ne trovano in giro, visto che Elio De Anna si autodefinisce "folpo friulanofono", che tradotto significa pordenonese di lingua friulana. Ma proprio per questo si sente libero di affermare che "all’insegnamento coattivo del friulano preferisco di gran lunga l’insegnamento naturale delle madri e delle nonne".
Spiega, De Anna, di aver subito una volta a scuola "un sonoro tre meno meno" su un tema d’italiano. L’insegnante lo ridarguì sentenziando che lo scritto era disseminato di "barbarismi". Dunque "con mia moglie ho deciso che fra noi e con le due figlie, avremmo sempre parlato italiano". Il plurilinguismo, tuttavia, nella sua famiglia si è fatto strada con le armi della spontaneità: "Con i miei anziani genitori ho sempre parlato friulano, e anche con mio fratello Dino. Con mario, l’altro fratello, parlo invece in veneto. E il bello è che le mie figlie, fra loro, parlano friulano. Ma nessuno gliel’ha imposto" -M.V.