19 novembre 2008
No taiâ la lenghe
Il Comitât 482 al à scrit un comunicât comentant la propueste che e jere stade fate di bande dal consei regjonâl in mert a la riduzion des spesis dal consei. Cun plasê o publichi cheste note dal Comitât e o ricjapi un biel post di Sandri che nus fâs capî ce che al significhe che in Friûl a son plui lenghis (come che si viôt te foto).
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4 commenti:
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Lingue proprie del Friuli – Venezia Giulia: no ad ulteriori discriminazioni
La contrarietà espressa dai gruppi di opposizione avrebbe dovuto bloccare sul nascere la proposta, avanzata nei giorni scorsi dal presidente del Consiglio regionale Edouard Ballaman, di sostituire il servizio di interpretariato attualmente in uso presso l’Aula consiliare con un servizio “a chiamata” subordinato alla dichiarazione anticipata da parte dei consiglieri che avessero deciso di avvalersi del loro diritto di intervenire in friulano, sloveno o tedesco. Il presidente Ballaman, infatti, aveva previsto che questa misura non sarebbe passata se non ci fosse stato l'assenso di tutti i gruppi consiliari. Tale vicenda, tuttavia, ci offre anche lo spunto per proporre alcune riflessioni che vanno oltre l’episodio specifico.
Anche se l’intento che ha mosso il presidente Ballaman ad avanzare tale proposta risulta condivisibile, ridurre cioè le spese di funzionamento del Consiglio, la soluzione suggerita ci trova contrari. Innanzi tutto chiedere solamente a quanti intendono parlare in friulano, sloveno o tedesco di dichiararlo anticipatamente, è palesemente discriminatorio. Se si riconosce alle lingue e, a quanti le parlano, pari dignità, infatti, tale proposta risulta inaccettabile poiché porrebbe dei vincoli solo a quanti utilizzano alcune lingue. Tanto più se si considera che il servizio di interpretariato, in realtà non serve a quanti si esprimono in friulano, sloveno o tedesco, bensì agli altri, cioè a quanti non comprendono queste lingue. Toccherebbe piuttosto a loro, dunque, farsene carico e non a quanti hanno il sacrosanto diritto di esprimersi nella propria lingua nativa.
Ciò che, tuttavia, lascia maggiormente perplessi è che, ogni qual volta si rende necessario operare dei tagli, l’attenzione tende sempre a cadere sui fondi dedicati alle minoranze linguistiche. In questo caso reputiamo in buona fede, ma spesso non è affatto così. Si tratta, tra l’altro, di interventi il cui intento è più demagogico che concreto, considerata la risibile entità di tali risorse. Basti pensare che i fondi regionali per friulano, sloveno e tedesco (lingue parlate dalla maggioranza della popolazione regionale) non raggiungono nemmeno lo 0,1% del bilancio della Regione Friuli – Venezia Giulia. Si tratta davvero di cifre irrisorie, tanto più se pensiamo che la specialità della nostra regione dipende, ora più ancora che in passato, proprio dalla presenza di comunità di lingua diversa da quella italiana. Una specialità che permette al Friuli – Venezia Giulia di godere, in proporzione, di risorse decisamente maggiori di quelle amministrate dalle Regioni a Statuto ordinario.
Per quanto ci riguarda, siamo convinti che, in tempi di difficoltà economica, sia importante cercare di razionalizzare la spesa pubblica. Crediamo, tuttavia, che tale razionalizzazione non possa minare diritti garantiti costituzionalmente. Tanto più quando, in realtà, nonostante quanto previsto dalla Costituzione e dalle specifiche leggi statali e regionali, tali diritti sono già sottoposti a continue violazioni e alla progressiva riduzione dei fondi che dovrebbero servire per garantirli.
Siamo stufi di essere vittime di una demagogia che vede nei diritti linguistici solo una spesa da tagliare. Siamo stufi di essere sempre i primi ad essere chiamati quando si tratta di fare dei sacrifici e gli ultimi quando si tratta di godere dei benefici. Anche noi siamo capaci di fare demagogia e proponiamo una soluzione, non per ridurre, per eliminare del tutto le spese di interpretariato: basta che i consiglieri che non capiscono una o più lingue proprie della nostra regione frequentino un corso che gli permetta almeno di comprenderle. Così ogni consigliere potrà parlare nella lingua che preferisce, senza che gli altri per capirlo abbiano bisogno di un interprete.
Udin, 18/11/2008
I coordinatori del Comitato 482
Giovanni Pietro Biasatti – Luigi Geromet – Jole Namor – Carlo Puppo
O zonti un altri argoment a cheste discussion. L'interpretariât in
Consei regjonâl, come di cualsisei altre bande, al è un sevrizi: ma par cui?
Di une propueste come chê di Ballaman e de mentalitât dai nestris brâfs rapresentants politics al somearès scuasit che al sedi un servizi par chei che a vuelin fevelâ par sloven e par furlan: ma la robe no je cussì.
Un furlan e un sloven a fevelin la lôr lenghe ogni dì cence bisugne di interpretis: ce brafs!
cuissà cemût che a fasin!?! Ma alore l'interprete par cui isal?
Al è par chei che no capissin o a fasin fente di no capî il solven e il furlan: se l'interprete al è li nol è par garantî ai furlans di
fevelâ, che al è un dirit, ma par garantî a chei altris di capî (dirit ancje chest).
Alore, se a vuelin sparagnâ sul iinterpretariât, une altre
propueste che si pues fâ al è che a domandin no cui che al pense di
fevelâ par furlan, ma cui che ancjemò no lu capìs. E la responsabilitât de spese no je di chei che a fevelin furlan e sloven, ma di chei che no
ju capissin, cundut che a vivin in cheste maraveose regjon plene di
diversitâts.
a devin ve finit el penarel vert... fas un puntin su majan par me va.
Thermo, lei il post origjinâl, si fevele di dominis storics e si fâs un discors avonde articolât...
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