11 gennaio 2008

Faber

Ai 11 di Zenâr dal 1999 si studave la grande vôs di Fabrizio De Andrè. Ma par furtune al continue a sunâ.
Mandi, Faber: tu mancjis!



5 commenti:

  1. dal album: La Buona Novella (1970)
    Il Testamento Di Tito

    Tito:
    "Non avrai altro Dio all'infuori di me,
    spesso mi ha fatto pensare:
    genti diverse venute dall'est
    dicevan che in fondo era uguale.

    Credevano a un altro diverso da te
    e non mi hanno fatto del male.
    Credevano a un altro diverso da te
    e non mi hanno fatto del male.

    Non nominare il nome di Dio,
    non nominarlo invano.
    Con un coltello piantato nel fianco
    gridai la mia pena e il suo nome:

    ma forse era stanco, forse troppo occupato,
    e non ascoltò il mio dolore.
    Ma forse era stanco, forse troppo lontano,
    davvero lo nominai invano.

    Onora il padre, onora la madre
    e onora anche il loro bastone,
    bacia la mano che ruppe il tuo naso
    perché le chiedevi un boccone:

    quando a mio padre si fermò il cuore
    non ho provato dolore.
    Quanto a mio padre si fermò il cuore
    non ho provato dolore.

    Ricorda di santificare le feste.
    Facile per noi ladroni
    entrare nei templi che rigurgitan salmi
    di schiavi e dei loro padroni

    senza finire legati agli altari
    sgozzati come animali.
    Senza finire legati agli altari
    sgozzati come animali.

    Il quinto dice non devi rubare
    e forse io l'ho rispettato
    vuotando, in silenzio, le tasche già gonfie
    di quelli che avevan rubato:

    ma io, senza legge, rubai in nome mio,
    quegli altri nel nome di Dio.
    Ma io, senza legge, rubai in nome mio,
    quegli altri nel nome di Dio.

    Non commettere atti che non siano puri
    cioè non disperdere il seme.
    Feconda una donna ogni volta che l'ami
    così sarai uomo di fede:

    Poi la voglia svanisce e il figlio rimane
    e tanti ne uccide la fame.
    Io, forse, ho confuso il piacere e l'amore:
    ma non ho creato dolore.

    Il settimo dice non ammazzare
    se del cielo vuoi essere degno.
    Guardatela oggi, questa legge di Dio,
    tre volte inchiodata nel legno:

    guardate la fine di quel nazzareno
    e un ladro non muore di meno.
    Guardate la fine di quel nazzareno
    e un ladro non muore di meno.

    Non dire falsa testimonianza
    e aiutali a uccidere un uomo.
    Lo sanno a memoria il diritto divino,
    e scordano sempre il perdono:

    ho spergiurato su Dio e sul mio onore
    e no, non ne provo dolore.
    Ho spergiurato su Dio e sul mio onore
    e no, non ne provo dolore.

    Non desiderare la roba degli altri
    non desiderarne la sposa.
    Ditelo a quelli, chiedetelo ai pochi
    che hanno una donna e qualcosa:

    nei letti degli altri già caldi d'amore
    non ho provato dolore.
    L'invidia di ieri non è già finita:
    stasera vi invidio la vita.

    Ma adesso che viene la sera ed il buio
    mi toglie il dolore dagli occhi
    e scivola il sole al di là delle dune
    a violentare altre notti:

    io nel vedere quest'uomo che muore,
    madre, io provo dolore.
    Nella pietà che non cede al rancore,
    madre, ho imparato l'amore".

    RispondiElimina
  2. CREUZA DE MÄ (1)

    Umbre de muri muri de mainé

    dunde ne vegnì duve l'è ch'ané

    da 'n scitu duve a l'ûn-a a se mustra nûa

    e a neutte a n'à puntou u cutellu ä gua

    e a muntä l'àse gh'é restou Diu

    u Diàu l'é in çë e u s'è gh'è faetu u nìu

    ne sciurtìmmu da u mä pe sciugà e osse da u Dria

    e a funtan-a di cumbi 'nta cä de pria

    E 'nt'a cä de pria chi ghe saià

    int'à cä du Dria che u nu l'è mainà

    gente de Lûgan facce da mandillä

    qui che du luassu preferiscian l'ä

    figge de famiggia udù de bun

    che ti peu ammiàle senza u gundun

    E a 'ste panse veue cose che daià

    cose da beive, cose da mangiä

    frittûa de pigneu giancu de Purtufin

    çervelle de bae 'nt'u meximu vin

    lasagne da fiddià ai quattru tucchi

    paciûgu in aegruduse de lévre de cuppi (2)

    E 'nt'a barca du vin ghe naveghiemu 'nsc'i scheuggi

    emigranti du rìe cu'i cioi 'nt'i euggi

    finché u matin crescià da puéilu rechéugge

    frè di ganeuffeni e dè figge

    bacan d'a corda marsa d'aegua e de sä

    che a ne liga e a ne porta 'nte 'na creuza de mä

    RispondiElimina
  3. 1) Creuza: qui impropriamente tradotto: mulattiera. In realtà la creuza è nel genovesato una strada suburbana che scorre fra due muri che solitamente determinano i confini di proprietà.

    2) Lévre de cuppi: gatto

    Traduzione:

    MULATTIERA DI MARE

    Ombre di facce facce di marinai

    da dove venite dov'è che andate

    da un posto dove la luna si mostra nuda

    e la notte ci ha puntato il coltello alla gola

    e a montare l'asino c'è rimasto Dio

    il Diavolo è in cielo e ci si è fatto il nido

    usciamo dal mare per asciugare le ossa dell'Andrea

    alla fontana dei colombi nella casa di pietra

    E nella casa di pietra chi ci sarà

    nella casa dell'Andrea che non è marinaio

    gente di Lugano facce da tagliaborse

    quelli che della spigola preferiscono l'ala

    ragazze di famiglia, odore di buono

    che puoi guardarle senza preservativo

    E a queste pance vuote cosa gli darà

    cose da bere, cose da mangiare

    frittura di pesciolini, bianco di Portofino

    cervelli di agnello nello stesso vino

    lasagne da tagliare ai quattro sughi

    posticcio in agrodolce di lepre di tegole

    E nella barca del vino ci navigheremo sugli scogli

    emigranti della risata con i chiodi negli occhi

    finché il mattino crescerà da poterlo raccogliere

    fratello dei garofani e delle ragazze

    padrone della corda marcia d'acqua e di sale

    che ci lega e ci porta in una mulattiera di mare

    RispondiElimina
  4. Bielissime cjançon ch'o no cognossevi. Oramai (Ch(a si le meti o ch'a si le cjoli) a si si fâs le culture e l'informazion di besôi sul web.

    RispondiElimina
  5. Eh sì Jaio, al è par chest che al è biel Internet!

    RispondiElimina